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Papa Francesco blinda i posti chiave della Curia, dalla dottrina alla nomina dei vescovi
Chi si aspettava, dopo la morte del papa emerito, che anche papa Francesco procedesse rapidamente sulla strada delle dimissioni a causa dell’età avanzata, dei problemi di salute e di una complessiva riduzione delle forze, è rimasto fortemente deluso. Anzi, Bergoglio sta utilizzando questi mesi in cui in Vaticano c’è un “papa solo” per puntellare la sua riforma e la sua visione delle cose, a cominciare dalla Curia vaticana che sta subendo un cambiamento profondo. Per altro, Bergoglio si è levato più di un sassolino dalla scarpa, come dimostra il rapido licenziamento dell’ex segretario personale di Ratzinger, mons. Georg Gänswein, rispedito in Germania, a Friburgo, sua diocesi d’origine, senza alcun incarico. Gänswein, informava una nota vaticana diffusa a giugno, non era neanche più prefetto della Casa pontificia già dal 28 febbraio scorso; d’altro canto, l’ex uomo di fiducia del papa emerito, si era distinto negli ultimi anni e poi subito dopo la scomparsa di Benedetto XVI, per aver mosso critiche ripetute al magistero di Francesco giudicato con fastidio per le sue aperture, le forti limitazioni imposte alla celebrazione della messa in latino, il tentativo di slegare la Chiesa dagli eccessi del tradizionalismo. Gänswein è così tornato a casa e ha smesso di essere, fra le mura vaticane, l’ingombrante rappresentante dei nostalgici di un mondo perduto, quello della cristianità capace di orientare le scelte politiche dei governi e i costumi della società, un modello ancora vagheggiato da Ratzinger e al quale lui stesso aveva dato però una bella scossa con le sue dimissioni, ridimensionando in tal modo, ulteriormente, il ruolo del papato in età moderna.
Fernandez, il teologo progressista considerato il ghost writer del papa
Se la partenza di Georg ha chiuso una lunga stagione di equivoci e incomprensioni, non meno importanti sono state le nomine che si sono susseguite negli ultimi mesi. Da ultimo il nuovo prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, Victor Manuel Fernandez, ormai ex arcivescovo di La Plata, che ha preso il posto di un navigato e moderato uomo di Curia come il gesuita Luis Ladaria. Uomo di fiducia di papa Francesco, teologo di tendenze progressiste, autore di diversi documenti chiave del pontificato tanto da essere considerato il ghostwriter del papa, Fernandez in pochi giorni ha messo insieme ben tre nomine, praticamente un record. Prima è appunto diventato il nuovo custode della dottrina, quindi è stato inserito, fra i membri nominati direttamente dal pontefice, fra i partecipanti con diritto di voto alla fase finale del sinodo generale dei vescovi che ci celebrerà a Roma il prossimo ottobre, evento che definirà le strategie della presenza cattolica nel mondo negli anni a venire; infine, domenica 10 luglio, il suo nome è rientrato fra quello dei 21 nuovi cardinali nominati da Francesco. Una tripla promozione sul campo che la dice lunga sulla volontà del pontefice di lasciare il cammino segnato al prossimo papa, anche perché Fernandez è relativamente giovane, almeno per i parametri vaticani, e con i suoi 60 anni potrebbe restare nel cuore del sistema vaticano a lungo.
Dal ruolo delle donne alle unioni gay: verso una dottrina meno rigida
D’altro canto, ha fatto scalpore la lettera irrituale con la quale Bergoglio ha accompagnato la nomina del teologo argentino alla guida del dicastero della dottrina. «Il dipartimento che lei presiederà – ha messo nero su bianco Francesco – in altri tempi è arrivato a usare metodi immorali. Erano tempi in cui più che promuovere la conoscenza teologica si perseguitavano eventuali errori dottrinali. Quello che mi aspetto da te è senza dubbio qualcosa di molto diverso». Il papa osserva come non vi possa essere «un unico modo» di esprimere la dottrina perché «le diverse linee di pensiero filosofico, teologico e pastorale, se si lasciano armonizzare dallo spirito nel rispetto e nell’amore, possono far crescere anche la Chiesa. Questa crescita armoniosa conserverà la dottrina cristiana più efficacemente di qualsiasi meccanismo di controllo». Per Bergoglio non ci si deve accontentare di «una teologia da tavolo, con una logica fredda e dura che cerca di dominare tutto». «Serve un pensiero», aggiungeva ancora Francesco nella missiva diffusa dal Vaticano, «che sappia presentare convincentemente un Dio che ama, che perdona, che salva, che libera, che promuove le persone e le chiama al servizio fraterno». Una concezione opposta a quella di Joseph Ratiznger che tendeva a considerare lo stesso dicastero depositario di verità definitive e assolute elaborate dal centro della Chiesa universale sulla cui applicazione poi Roma doveva vigilare attentamente. E in effetti le prime uscite di Fernandez confermano il nuovo clima che si respira all’ex Sant’Uffizio. Intervistato dal Quotidiano Nazionale, in merito al ruolo delle donne nella Chiesa per esempio ha osservato: «Dico che non ci servirà analizzare questo problema in modo isolato. Ciò che c’è dietro ed è molto più profondo è il discorso sul potere nella Chiesa e sull’accesso delle donne ai luoghi dove sussiste un potere decisionale. Ecco perché è importante che le donne inizino a votare al Sinodo», come in effetti ha deciso il papa con una decisione dirompente. Alla fase finale dell’assise 54 donne, per la prima volta, potranno votare e saranno madri sinodali che affiancheranno i tradizionali padri sinodali. Fernandez ha inoltre manifestato disponibilità ad affrontare il tema della fine del celibato obbligatorio, e ha aperto all’ipotesi di benedizione delle unioni omosessuali, sempre che rimanga netta la distinzione con il matrimonio fra uomo e donna.
Prevost è il nuovo prefetto dei dicastero dei vescovi
Una seconda nomina destinata a pesare negli equilibri interni della Chiesa, forse meno appariscente ma altrettanto importante della precedente, è quella del nuovo prefetto del dicastero dei vescovi, mons. Robert Francis Prevost, 67 anni, che ha preso il posto del cardinale conservatore di origine canadese Marc Ouellet. Anche Prevost fa parte dei nuovi cardinali nominati da Francesco il 10 luglio. Prevost, chiamato dal papa a succedere a Ouellet lo scorso 30 gennaio, era stato fino ad allora vescovo di Chiclayo, in Perù, Paese nel quale ha trascorso gran parte della propria attività pastorale e missionaria pur essendo statunitense di origine; inoltre il nuovo prefetto è anche presidente della Pontificia commissione per l’America Latina. Ora, di fatto, la regia delle nomine della Chiesa universale e quella della dottrina, sono nelle mani di personalità fortemente in linea con il magistero di Francesco. Il papa ha dunque deciso, in questa fase finale del pontificato, di calare gli assi decisivi per provare a dare slancio definitivo al cammino di riforma intrapreso.