Nell’Italia in cui si chiedono 2 euro per tagliare un toast, il salario minimo è ancora una chimera

Il taglio più caro d’Italia non è quello che ti realizza sulla chioma Gino De Stefano, il parrucchiere delle dive decorato con il World Salon Award, con forbici professionali e manualità affinata da anni di esperienza. Costa molto di più, in proporzione, il taglio eseguito con un semplice coltello dal barista del bar Pace di Gera Lario per dividere trasversalmente due fette di pane tostato sovrapposte: un unico piccolo colpo di lama che dura un attimo e la cui tecnica non si apprende da esoterici maestri del sushi, ma che ugualmente ha appesantito di due euro lo scontrino di un cliente. Che non essendo tipo da piazzate, evidentemente, non ha contestato l’aggravio lì per lì, ma ha prevedibilmente diffuso sui social l’episodio, con inevitabile scandalo.

La vendetta social è un piatto che si gusta freddo e costa meno di una consumazione

E bene ha fatto, non solo perché ha aggiunto l’ennesima pennellata al quadro di un’estate turistica dai prezzi abnormi, ma anche perché la replica dei gestori del bar Pace, sollecitata da Repubblica, è una vera e propria fenomenologia dell’esercente italico in zona vacanziera. La proprietaria del locale ha precisato che a) il toast conteneva patatine fritte, quindi il taglio ha richiesto più tempo che se si fosse trattato di un toast «normale» 2) le due metà hanno richiesto due tovagliolini e due piattini che poi sarebbero stati stati lavati, «e il lavoro si paga» e, 3) se il cliente avesse protestato sul momento, gli avrebbero scontato i due euro, «figurarsi, abbiamo tanto lavoro e tanti clienti». Morale: come il prigioniero ha il diritto di tentare la fuga, così il ristoratore ha il diritto di tentare di spillare all’avventore quanti più soldi possibile, con pretesti ancora più ridicoli del coperto, istituzione indistruttibile e aggirabile solo a patto di farti versare la pietanza direttamente nelle mani nude. Poi se l’avventore non ha le palle o ha fretta o non vuole fare mettere in imbarazzo gli altri commensali sono problemi suoi, ed è poco sportivo da parte sua e rifarsi con la vendetta social, un piatto che si gusta freddo e che costa sicuramente meno di una consumazione al tavolo in una località turistica.

Nell’Italia in cui si chiedono 2 euro per tagliare un toast, il salario minimo è ancora una chimera
Lo scontrino del bar di Gera Lario postato sui social.

Gli effetti della gestione Santanchè sul turismo

Ecco cosa succede ad avere per ministra del Turismo Daniela Santanché: l’ex proprietaria del Twiga Beach, lo stabilimento balneare per turboricchi dove in questo periodo una tenda con lettini costa 600 euro al giorno, ha dato la linea. Ci dev’essere stato un processo di identificazione, e oggi l’ultimo bagnino o locandiere del Belpaese si sente in diritto, anzi, in dovere, di adeguarsi allo chiccosissimo modello ministeriale. Così, senza un’ombra d’imbarazzo, una brocca di acqua dell’acquedotto viene fatta pagare due euro, come si legge nello scontrino diffuso su Twitter da Selvaggia Lucarelli ed emesso dall’Osteria del Cavolo di Finale Ligure, dove un piatto di trofie al pesto costa 18 euro, 20 se chiedi un piattino in più per farle assaggiare alla tua bambina. L’oste del Cavolo non è stato ancora intervistato, ma possiamo immaginare le sue risposte: a) i due euro servono a ricordare che anche l’acqua potabile non è un bene inesauribile, specie in tempi siccitosi, b) del resto tutti dicono che l’acqua del rubinetto è buona e fa fare tanta plin-plin come quella minerale, quindi perché non pagarla uguale? E c) se il cliente si fosse lamentato per l’acqua o per il piattino a due euro, glieli avrei scontati perché io mica vado in rovina per quattro pulciosi euro, tsè! e comunque per uno che protesta venti pagano senza fiatare per non fare brutta figura.

Cari esercenti, se il lavoro si paga allora non dovreste sdegnarvi quando a chiedere una giusta paga è un vostro lavoratore

Sarebbe bello che tutti questi esercenti così puntigliosi quando si tratta di un piatto in più da lavare o di una caraffa da riempire perché «il lavoro si paga» non fremessero di virtuoso sdegno quando a chiedere una giusta paga per il proprio lavoro è un cameriere, un aiuto cuoco o un addetto alle pulizie. Ma nell’Italia in cui si chiedono due euro per tagliare un toast, il salario minimo è ancora una chimera. E dire che la cifra proposta, nove euro all’ora, corrisponderebbe solo a quattro toast e mezzo.

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