L’irrilevanza di Confindustria durante la gestione Bonomi e il bisogno di discontinuità

«Non siamo quelli che hanno sempre ragione, ma siamo quelli che non si arrendono mai». È così che Carlo Bonomi ha deciso di “firmare” l’invito all’assemblea nazionale di Confindustria del 12 settembre a Roma, l’ultima del suo mandato. Ed è così che, certo involontariamente, ha detto la verità: durante la sua presidenza ragione non ce l’ha avuta praticamente mai, né quando ebbe a esordire dicendo (in un’intervista a la Repubblica) che «la politica è peggio del virus» (allora il Covid aveva già fatto oltre 100 mila morti), né quando ha provato in tutti i modi a candidarsi al ruolo di presidente della Lega Serie A facendosi usare nei giochi interni dell’associazione del pallone. E nemmeno quando ha cercato in ogni maniera, senza ottenerlo, un incarico nelle industrie di Stato, né quando ha chiesto come una specie di disco rotto ai governi 16 miliardi di taglio del cuneo fiscale (infatti quel poco che le finanze pubbliche permettevano il governo Meloni lo ha fatto, e continua a farlo, senza nemmeno consultare Confindustria). E si potrebbe continuare.

Il tentativo di piazzare al suo posto Marenghi, un “professionista di Confindustria”

Ma è altrettanto vero che Bonomi è uno di quelli che non si arrendono mai: senza azienda, vuol continuare ad avere i benefit che gli ha garantito sinora la presidenza degli imprenditori e per questo cerca di pilotare al suo posto Alberto Marenghi, uno che l’avvocato Agnelli avrebbe inserito a buon diritto tra i “professionisti di Confindustria”, visto che l’imprenditore mantovano frequenta viale dell’Astronomia da quando aveva i calzoni corti e militava nel movimento giovanile, senza mai peraltro lasciare traccia di nulla.

L'irrilevanza di Confindustria durante la gestione Bonomi e il bisogno di discontinuità
Carlo Bonomi con Alberto Marenghi (Imagoeconomica).

La manovra per spostare la sede, lo scontro con Severino sulla Luiss

Senza azienda, Bonomi si è occupato poco dei temi che stanno a cuore agli imprenditori ma ha avviato, senza però riuscire a concluderle, manovre poco chiare per spostare la sede dell’associazione dalla storica sede di viale dell’Astronomia a un non meglio identificato sito vicino alla stazione Tiburtina, con il pretesto che gli imprenditori arrivano a Roma in treno quando invece da Milano, Torino, Veneto e Sud (eccetto Napoli) ci arrivano in aereo. Ha poi provato a cedere a Nextalia la maggioranza della Business School della Luiss, e anche qui (senza entrare nel merito se fosse giusto o no cederla per farla entrare in un network più grande, quello di Francesco Canzonieri, l’ex Mediobanca che sta allestendo un grande polo della formazione) si è dovuto per ora fermare davanti all’opposizione di Paola Severino, l’ex ministra della Giustizia e avvocato esperto di penale finanziario, che per protesta si è dimessa dal consiglio di amministrazione dell’università.

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Paola Severino (Imagoeconomica).

Irrilevanza imbarazzante rispetto al peso assunto dalla potente Coldiretti

Al di là degli episodi, il tema vero è che durante la gestione Bonomi Confindustria è diventata vieppiù irrilevante nelle scelte del governo sulla politica economica, al punto che in parlamento la presenza della lobby associativa, storicamente capofila di tante battaglie, è pressoché assente. E non a caso la stessa responsabile dei Rapporti istituzionali, Simona Finazzo, qualche mese fa ha lasciato per trasferirsi nel privato. Vero è che non c’è più alcuna battaglia comune con il sindacato e che la politica da tempo cerca la disintermediazione intestandosi direttamente le poche scelte a favore dell’impresa e del lavoro, ma la latitanza di Confindustria nel dibattito politico ed economico è imbarazzante anche rispetto al peso assunto dalla potente Coldiretti, che ha di fatto assunto anche la rappresentanza dell’agrindustria con Filiera Italia guidata da Luigi Scordamaglia, ex presidente di Federalimentare, l’associazione di settore aderente a Confindustria.

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Luigi Scordamaglia (Imagoeconomica).

Anche in Europa viale dell’Astronomia ha inciso poco o nulla

Anche in Europa, vedasi il duro confronto sul Green deal di Frans Timmermans, viale dell’Astronomia ha inciso poco o nulla e quello che ha fatto (qualche riunione con le Confindustrie europee) lo ha fatto solo a seguito della forte pressione delle industrie del packaging, che comunque hanno dovuto organizzarsi da sole, riproponendo a molti imprenditori un dilemma che in passato mai si era affacciato: pago i contributi associativi a Confindustria o mi finanzio la lobby in proprio, visto che non posso permettermi di fare entrambe le cose e Viale dell’Astronomia non mi tutela come prima?

L'irrilevanza di Confindustria durante la gestione Bonomi e il bisogno di discontinuità
Frans Timmermans (Getty).

Due anni di emergenza Covid hanno anestetizzato le contestazioni

C’è da chiedersi come mai tutti questi rilievi, che sono di dominio pubblico nelle conversazioni degli imprenditori, non si sono tramutato in una fronda interna, in una contestazione aperta. Due essenzialmente i motivi: il Covid per oltre due anni ha imposto riunioni con collegamenti da remoto, dove di fatto non sapendo chi altri era in call ciascuno dei partecipanti ascoltava e basta; in secondo luogo, la disaffezione causata proprio dall’irrilevanza da una parte e dalla repressione di ogni dissenso attraverso i probiviri ha scoraggiato l’emergere delle contestazioni.

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Carlo Bonomi e Giorgia Meloni (Imagoeconomica).

Silurata Piovesana, critica sulle ambizioni calcistiche di Bonomi

Basti pensare al siluramento della vicepresidente veneta, Maria Cristina Piovesana, che aveva criticato Bonomi sulla sue ambizioni di guidare Lega Calcio, oppure alla incredibile modifica dello Statuto che espelle chi critica il presidente fatta approvare da un Consiglio generale amorfo (dove persino Luigi Abete, certo non ostile a Bonomi se non altro per via delle comuni faccende Luiss, l’aveva criticato), cosa che un’associazione di imprenditori padroni a casa propria mai avrebbe dovuto consentire. E dunque Bonomi ha finito col generare una grande disaffezione tra le imprese associate.

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Maria Cristina Piovesana e Carlo Bonomi (Imagoeconomica).

Il Centro Studi e Il Sole 24 Ore hanno smarrito autorevolezza e peso

A chi lo sostituirà non basterà vincere la battaglia dei 183 voti da raccogliere nel Consiglio generale, i cui membri si pronunciano a scrutinio segreto e che promettono il proprio sì pressoché a tutti i candidati, ma servirà avere le idee chiare su cosa fare dopo. Molti gli ambiti sui cui c’è da ricostruire. Il Centro Studi, nonostante Bonomi si sia tenuto la delega (o proprio per quello) non ha l’autorevolezza di una volta e non incide sul dibattito di politica economica. La tecnostruttura che in passato era la forza dell’associazione anche a prescindere dal presidente pro tempore non esiste più e va ricostituita. Il Sole 24 Ore, per quanto risanato dalle follie di due dei suoi ex direttori, non incide nel dibattito politico anche perché il suo editore Confindustria non fa battaglie pubbliche, di alcun tipo, né economiche né civili. E alla Luiss occorrerebbe finirla con la prassi degli ex presidenti che da viale dell’Astronomia si trasferiscono armi e bagagli a via Pola come se fosse un benefit dovuto (qualche decennio fa ex presidenti come Antonio D’Amato e Luca di Montezemolo, che avevano altro da fare, avevano rinunciato).

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La sede del Sole 24 Ore (Imagoeconomica).

Da ridefinire pure la comunicazione, vista la scarsa presenza sui social

La stessa comunicazione andrebbe ridefinita con un piano serio di presenza sui social, senza i quali non si fa che certificare l’irrilevanza nell’opinione pubblica, visto le poche migliaia di follower dell’associazione. Per molti di questi interventi, semplicemente basilari, serve discontinuità, idee chiare e anche risorse economiche straordinarie. Vedremo chi dei candidati avrà la forza di sposare un rinnovamento reale, a partire dai territori più innovativi e dallo stesso scontento dei grandi imprenditori di Assolombarda, quelli che avevano dato via libera a Bonomi e che hanno avuto tutto il tempo di pentirsene, sia per i suoi risultati pubblici sia per una certa maleducata insofferenza del presidente senza azienda di Confindustria nel rispondere alle telefonate dei suoi ex sponsor milanesi. Bonomi ha anche spostato in autunno l’assemblea nazionale per restare formalmente al potere qualche mese in più, visto che tradizionalmente l’ultimo evento pubblico annuale segna anche il rompete le righe e l’avvio della campagna elettorale.

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