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La crisi climatica minaccia i Mondiali 2026 fra caldo, umidità e incendi
A poco meno di tre anni dal fischio di inizio dei Mondiali 2026 di calcio, la Fifa si ritrova ad affrontare un primo grande problema: la crisi climatica. La prossima edizione del torneo, in programma fra Stati Uniti, Canada e Messico nei mesi di giugno e luglio, dovrà fare i conti con temperature sempre più elevate, cui si aggiungeranno un elevato tasso di umidità e una pessima qualità dell’aria. I dati del 2023 infatti hanno infranto diversi record nel Nord e nel Centro America, ma a causa del climate change con ogni probabilità saranno ancor più negativi fra 36 mesi. L’esperimento di giocare a novembre, come avvenuto a Qatar 2022, non è possibile: l’inverno canadese è troppo rigido per le competizioni sportive. «Bisogna prepararsi», ha spiegato alla Bbc il dottor Mike Tipton dell’Università di Portsmouth. «Occorre pensare a soluzioni diverse».
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Caldo e umidità, gli ultimi dati in Usa e Canada in vista dei Mondiali 2026
La prossima edizione dei Mondiali di calcio sarà la prima allargata a 48 squadre. Ciò significa, per calciatori e arbitri, più partite da giocare in un totale di sei settimane in piena estate. Temperature troppo elevate e un altrettanto alto tasso di umidità potrebbero però mettere a repentaglio prestazione e sicurezza degli atleti. Per farsi un’idea, è sufficiente guardare ai recenti US Open, dove molti tennisti hanno lamentato un affaticamento e problemi nel disputare le gare. «Prima o poi, qualcuno ci morirà», aveva persino detto Daniil Medvedev al temine di un suo incontro. Già nell’estate 2023, numerose città americane hanno infranto record di calore per più giorni consecutivi. A Phoenix, in Arizona, la temperatura ha raggiunto i 48 gradi, superando i 43 per quasi tre settimane di fila. Non è andata meglio in Texas, dove la colonnina di mercurio non è scesa sotto i 38 gradi per un mese.

Secondo gli esperti, l’indice di calore per l’attività sportiva richiede estrema cautela a 32 gradi, mentre è già un pericolo per la salute a 39 gradi. Miami, che ospiterà diverse gare dei Mondiali 2026, fra giugno e luglio ha registrato una temperatura media poco sotto i 40 gradi. «Bisogna seriamente considerare di spostare il torneo», ha proseguito Tipton. «Primavera e autunno sarebbero ideali». Improponibile infatti, giocare come in Qatar, a novembre. Nel Nord America, da Vancouver a Seattle, si registrano infatti valori ben al di sotto dello zero. «All’orizzonte c’è un serio incubo logistico», ha aggiunto Michael Koehle, accademico alla British Columbia University. «Cosa fai se, all’ultimo momento, l’agenzia sanitaria pubblica ti dice che non puoi far giocare un match? Anche se questi scenari potrebbero mutare nel 2026, il climate change è molto chiaro».
Incubo fumo per gli incendi, alimentati dalle alte temperature
Oltre a caldo e umidità, gli scienziati temono anche il peggioramento della qualità dell’aria dovuto agli incendi che da anni minacciano l’estate canadese. Nel 2023, le fiamme hanno distrutto circa 15 milioni di ettari, con quasi mille roghi a settimana. La coltre di fumo ha raggiunto persino gli Usa, tanto che 18 Stati hanno consigliato ai cittadini di restare in casa e hanno posticipato le partite di baseball e della Mls. «Non è possibile prevedere questi eventi con largo anticipo», ha affermato Koehle. «L’esposizione al fumo però potrebbe avere conseguenze sulla salute dei giocatori ai Mondiali 2026». Per ovviare al problema, al pari di caldo e afa, sono al vaglio varie ipotesi tra cui impianti climatizzati e monitoraggio costante. «Prevedremo cooling break a cadenza regolare», ha spiegato il vicepresidente della Fifa Vitor Montagliani. «Controlleremo tutti gli stadi per verificare gli effetti del caldo sulla salute».