La confusione vaticana sull’Ucraina e l’impotenza dell’inviato del papa Zuppi

Non esiste un piano di pace del Vaticano. Lo ripetono come un mantra i protagonisti dell’azione diplomatica dispiegata dalla Santa sede per provare a fermare la guerra in corso in Ucraina ormai da un anno e mezzo. Tutt’al più si tratta di aprire canali umanitari nella speranza che da cosa nasca cosa, ossia che l’inizio di un negoziato limitato allo scambio di prigionieri o alla restituzione dei bambini sequestrati dai russi durante l’occupazione di alcuni territori ucraini, produca il miracolo di far sedere allo stesso tavolo i rappresentanti di Mosca e Kyiv per avviare una trattativa. Una scommessa talmente ardua che persino Oltretevere non sono in molti a crederci, anche perché dopo il quasi flop del viaggio a Mosca dell’inviato per la pace del papa, il cardinale italiano Matteo Zuppi, pure sul fronte umanitario le cose sembrano diventate estremamente difficili.

La Santa sede forse puntava a far valere il suo soft power

Va detto che la mediazione vaticana, almeno nelle intenzioni dichiarate del papa, doveva aver ben altro profilo; non che le questioni umanitarie non stiano a cuore al pontefice, anzi, tuttavia probabilmente la Santa sede forse puntava a far valere il suo soft power in questa circostanza, grazie a quella sorta di neutralità attiva lungo la quale si era schierata la Chiesa di Roma in ragione di una strenua opposizione al conflitto ucraino in particolare, e alla guerra – alle guerre – in generale, al riarmo e alla violenza, instancabilmente proclamata da papa Francesco (e che aveva procurato più qualche mugugno verso il Vaticano in varie cancellerie occidentali).

La confusione vaticana sull’Ucraina e l'impotenza dell'inviato del papa Zuppi
Il cardinale Matteo Zuppi a Mosca (Getty).

Il presidente della Cei nemmeno ricevuto da Putin

A Washington il cardinale Zuppi ha intenzione di chiedere aiuto al capo della Casa bianca, il cattolico Joe Biden, per far partire almeno quella trattativa umanitaria divenuta da qualche tempo il centro dell’intraprendenza diplomatica vaticana. Anche perché il presidente della Cei, al Cremlino, nel corso della precedente tappa della sua missione non è stato nemmeno ricevuto da Vladimir Putin; quest’ultimo era infatti troppo assorbito dai rischi di un colpo di mano interno al regime a opera di settori militari russi, per poter aprire un negoziato sul sequestro di quei bambini per il quale si è guadagnato un mandato di cattura per crimini di guerra emesso dalla Corte penale internazionale. D’altro canto, e va ricordato, un aiuto in questo senso era stato chiesto esplicitamente al Vaticano dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che prima aveva rifiutato l’ipotesi di una mediazione accompagnata da una proposta di pace della Santa sede, quindi aveva indicato la via del negoziato umanitario come terreno sul quale la Chiesa poteva esercitare la sua moral suasion fra i contendenti.

La partita sul rimpatrio dei bambini ucraini deportati 

Cosa può attendersi Zuppi dalla Casa bianca? Certamente una buona disposizione all’ascolto, forse un moderato aiuto sul fronte umanitario, ma è difficile che via sia molto altro oltre quelle che saranno le dichiarazioni di facciata. Da parte americana, in un comunicato ufficiale, così veniva presentato l’incontro fra Biden e il porporato italiano in programma nella tarda serata di martedì 18 luglio: «Il presidente Biden e il cardinale Zuppi discuteranno delle diffuse sofferenze causate dalla brutale guerra della Russia in Ucraina. Discuteranno anche degli sforzi degli Stati Uniti e della Santa sede per fornire aiuti umanitari alle persone colpite e dell’attenzione della Sede pontificia al rimpatrio dei bambini ucraini deportati con la forza da funzionari russi». Per quanto fra grandi potenze valga soprattutto il gioco delle parti e della propaganda, tanto più se c’è di mezzo una guerra, quelle della Casa bianca sembrano affermazioni più tese a riconoscere la buona fede della Chiesa che non la reale possibilità di una trattativa sulla restituzione dei bambini da parte di Mosca. In ogni caso staremo a vedere ciò che accadrà, se cioè il “miracolo” della pace farà qualche sia pur piccolo passo avanti o se tutto rimarrà com’è.

La confusione vaticana sull’Ucraina e l'impotenza dell'inviato del papa Zuppi
Zelensky ricevuto dal papa nel 2020 (Getty).

Lo strano e silenzioso defilarsi della segreteria di Stato vaticana

Infine non è passato inosservato agli occhi degli esperti di cose vaticane un certo silenzioso defilarsi della segreteria di Stato vaticana di fronte all’iniziativa promossa dal papa con l’invio del cardinal Zuppi nelle capitali coinvolte nel conflitto. Niente di clamoroso, certo, in apparenza tutto è concordato con il cardinal Pietro Parolin, segretario di Stato, e tuttavia quest’ultimo tende a restare molto sulle sue in questa fase; forse qualcuno Oltretevere teme che alla fine l’attivismo dell’inviato del pontefice, appoggiato dalla forte presenza internazionale della Comunità di Sant’Egidio – dalle cui fila Zuppi proviene –rischi di accrescere l’isolamento della Santa sede sul piano internazionale anziché favorirne il prestigio? È solo un’ipotesi, ma certo se la missione di pace non dovesse ottenere risultati concreti, anche in Vaticano ci sarà un momento in cui si dovrà fare chiarezza.

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