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La Cina ci aiuta (a pagamento) ma dovrebbe chiedere scusa
Venderci respiratori e mascherine è sicuramente un passo avanti, ma non basta. Pechino sta cercando di cancellare le sue responsabilità nell'esplosione della pandemia. E la verità.
La Cina adesso ci “aiuta”, mandandoci presidi sanitari e mascherine (e qualche medico), a pagamento, mentre dovrebbe chiederci scusa e pagare i danni “di guerra” da coronavirus.
Come dimenticare, infatti, gli errori e le responsabilità di Pechino, specialmente nella gestione iniziale dell’emergenza e nel tentativo di nascondere l’epidemia?
Tutto questo mentre la straordinaria macchina della propaganda del Partito Comunista Cinese, si sta dando un gran daffare per negare l’evidenza e cancellare la memoria collettiva sull’indiscutibile origine cinese del virus, aggiungendo così la beffa al danno. Con il beneplacito del nostro ministro degli Esteri Luigi di Maio, che con una mano stacca un consistente assegno ai cinesi e con l’altra si spertica in ringraziamenti ufficiali al grande cuore della Cina, twittando con insistenza: «non siamo soli».
I TENTATIVI DI FARE DIMENTCARE LA VERITÀ
Per carità, avere mascherine, macchinari per la ventilazione e aiuto medico, seppure pagandolo, è sempre meglio di quanto stia facendo l’Europa (niente) o la Bce, che addirittura ci danneggia. Ma il tentativo (quasi riuscito ormai) di rovesciare la verità portato avanti dal Pcc ha dell’incredibile, nella sua sfrontatezza. La Cina ha cominciato a lanciare una settimana fa un’aggressiva campagna diplomatica e mediatica allo scopo di cercare di occultare definitivamente al mondo la data esatta dell’inizio dell’epidemia. Cercando di far dimenticare che tacendo per mesi (ormai si sa che i primi casi erano già noti a novembre, mentre l’epidemia è stata resa pubblica solo il 20 gennaio) ha permesso che il virus si diffondesse sia al suo interno che nel resto del mondo, durante l’intero periodo festivo del Capodanno lunare.
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Ma non basta, perché per l’arrogante Partito Comunista Cinese ammettere di essere responsabile del disastro sanitario ed economico che sta affliggendo oggi il nostro Paese – e che presto colpirà molte altre nazioni – non è nemmeno pensabile. Non ce la fanno. Tutto ciò che collega la Cina al virus deve essere messo in discussione e scomparire per sempre dai libri di storia.
LA NEGAZIONE DELLA EVIDENZA
Tutti gli ambasciatori cinesi all’estero hanno ricevuto l’ordine di diffondere il seguente messaggio attraverso il loro account Twitter (social vietato in Cina) o di cercare di far sì che venga ripetuto dai media stranieri: «Se è vero che il coronavirus è stato debellato con successo da Wuhan, la sua vera origine rimane sconosciuta. Stiamo cercando di scoprire esattamente da dove proviene». Un gigantesco tentativo di negare l’evidenza dei fatti.
COSÌ IL VIRUS CAMBIA NAZIONALITÀ
Allo stesso modo, i media cinesi – controllati dal Partito – insistono sul fatto che il mercato degli animali di Wuhan, (oggi completamente ripulito e forse in procinto di venire raso al suolo, allo scopo di non lasciare alcuna traccia) che sappiamo essere all’origine dell’epidemia, non sarebbe più l’epicentro del contagio. La parola d’ordine è Instillare con ogni mezzo il dubbio nelle menti delle persone e dei media occidentali: il primo passo per poi alimentare tutte le teorie complottistiche attualmente in circolazione, puntando in particolar modo su un’origine americana di questo virus. Così il virus cinese diventa americano, oppure “giapponese” e persino … virus italiano!
Secondo recenti indiscrezioni, infatti, l’’ambasciata cinese a Tokyo la scorsa settimana avrebbe inviato un messaggio a tutti i cittadini cinesi in Giappone circa le linee guida da seguire se si trovano di fronte al «coronavirus giapponese». Come se il virus una volta arrivato in Giappone avesse preso il passaporto nipponico. Una mossa sconcertane che non è passata inosservata al governo di Tokyo, che ha rinviato la visita ufficiale di Xi Jinping in Giappone, prevista per aprile, e ha vietato l’ingresso ai cittadini cinesi sul suo territorio.
NO, LA GOVERNANCE CINESE NON È MEGLIO DELLA NOSTRA DEMOCRAZIA
Infine, beffa nella beffa, una martellante campagna di propaganda diffusa a tappeto su tutti i mezzi di comunicazione stranieri, compresi Facebook e Twitter, invitano il mondo a “ringraziare la Cina” per i sacrifici che ha fatto nella lotta contro il virus, esaltandone la disponibilità a condividere l’esperienza con i Paesi che ne avranno bisogno: «Continuando il nostro lavoro di prevenzione in Cina (…) forniremo supporto ai Paesi stranieri nei limiti delle nostre capacità», ha affermato il viceministro cinese per gli Affari esteri. Un tentativo molto furbo di far passare il messaggio che l’epidemia è sotto controllo grazie al Partito Comunista cinese, e che per i Paesi stranieri che adesso devono affrontarla, compreso il nostro, «sarebbe impossibile adottare le misure radicali che la Cina ha adottato», come ha scritto la scorsa settimana il quotidiano governativo Global Times, cercando di far passare a livello internazionale il messaggio che il controllo assoluto garantito dal sistema illiberale di governance cinese sia migliore di quello delle democrazie occidentali e l’unico in grado di garantire la gestione di questa come di qualsiasi altra emergenza. Le ultime misure di quarantena adottate dall’Italia, invece, dimostrano il contrario.
E di fronte a questa sfacciata propaganda cinese, il sinologo Steve Tsang, professore presso il Chinese Institute di Londra, ha spiegato che «il Pcc ha sempre avuto il monopolio della verità e della storia in Cina e continua a negare l’evidenza, rifiutandosi ostinatamente di ammettere qualsiasi insabbiamento delle notizie iniziali sull’epidemia. I funzionari del partito pensano di avere ragione anche quando ovviamente hanno torto». Aggiungendo: «Ma la loro falsa verità deve venire messa in discussione in Occidente. Spetta a noi, nel mondo democratico, denunciare la sfacciata operazione di propaganda del Pcc».
La verità insomma è che l’Italia è vicina la collasso totale (e altri Paesi seguiranno) come conseguenza delle enormi responsabilità del governo di Pechino, che non può pensare di cavarsela vendendoci il carico di un aereo pieno di mascherine, qualche apparato per la ventilazione assistita e alcuni medici, come quello atterrato ieri a Roma. La Cina deve chiederci scusa e dovrebbe pagare i “danni di guerra” del coronavirus. Con buona pace del nostro Ministro degli Esteri.
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