Come Lukashenko è passato da vassallo di Putin a interlocutore (credibile?)

Da vassallo dello zar a mediatore tornato improvvisamente al centro della scena: ma con quale credibilità? Nell’intricata matassa russa sta giocando una partita tutta sua Alexander Lukashenko, il presidente bielorusso che ha avuto un ruolo nella de-escalation intestina a Mosca, proponendo ufficialmente al capo dei mercenari della Wagner, Yevgeny Prigozhin, di allentare la tensione, ritirare l’avanzata militare e ripiegare a Minsk, dove proprio nelle ultime è arrivato l’ex cuoco di Vladimir Putin. «Potevamo farlo fuori, l’ho detto anche a Putin», ha ammesso candidamente Lukashenko in conferenza stampa. «Però ho consigliato di non farlo, altrimenti dopo non ci sarebbe stato alcun negoziato». Il presidente della Bielorussia ha anche raccontato di aver avvertito Prigozhin che, se avesse proseguito con la sua avanzata verso il Cremlino, sarebbe stato «schiacciato come un insetto». E ha aggiunto che il capo della Wagner ha abbandonato le sue richieste iniziali, ossia «consegnare Shoigu e Gerasimov», il ministro della Difesa e il capo di Stato maggiore russi di cui da tempo ormai chiedeva le dimissioni.

Come Lukashenko è passato da vassallo a interlocutore (credibile?)
Il presidente bielorusso Lukashenko (Getty).

Qualcuno gli vuole persino dedicare una statua a Mosca

Sulla carta, dunque, sembra che Lukashenko abbia salvato Putin da una devastate destabilizzazione interna nel bel mezzo della guerra della Russia contro l’Ucraina. Non a caso il portavoce dello zar, Dmitry Peskov, ha riconosciuto che «il Cremlino è grato a Lukashenko per i suoi sforzi», mentre un commentatore della televisione russa si è spinto oltre in uno slancio di entusiasmo, dicendo che il presidente bielorusso «merita un monumento nella parte più bella di Mosca». Ma come è avvenuta esattamente questa sorprendente svolta e quanto sarà davvero determinante la Bielorussia nei delicati equilibri del prossimo futuro? Lukashenko ha spiegato che quando stava cercando di convincere Prigozhin a sospendere la sua ribellione, il numero uno dei mercenari era «mezzo impazzito» e gli ha riversato contro oscenità per mezz’ora, forse ignaro che la sua vita era a rischio. Secondo i media statali bielorussi, Lukashenko ha detto ai suoi generali che le imprecazioni nella loro conversazione telefonica di sabato «sono state 10 volte più del normale», vantandosi di aver impedito a Putin di prendere una «decisione severa», cioè ammazzare Prigozhin.

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Una stretta di mano tra Putin e Lukashenko (Getty).

La preoccupazione che i combattimenti in Ucraina esondino

Nel corso della rivolta militare della Wagner, è diventato subito chiaro che Lukashenko sarebbe rimasto al fianco di Putin, da buon fedelissimo. I due capi di Stato si erano parlati al telefono almeno due volte, e fonti del Cremlino hanno fatto trapelare che Lukashenko si era offerto di lavorare come mediatore perché conosce personalmente Prigozhin da 20 anni. Del resto lui stesso «ha interesse a prevenire una grave crisi in Russia», ha commentato parlando col sito della Deutsche Welle Yauheni Preiherman, direttore del think tank Minsk Dialogue Council on International Relations. Il motivo è facile da intuire: la grande preoccupazione per il governo di Minsk è che i combattimenti in Ucraina possano estendersi fino al territorio bielorusso. Un timore che sembra giustificato, almeno considerando l’appello minaccioso lanciato dagli oppositori di Lukashenko del reggimento Kalinowski, che è costituito da volontari bielorussi che combattono al fianco dell’esercito ucraino contro la Russia. Mentre Prigozhin stava ancora conducendo il suo ammutinamento, il reggimento ha dichiarato in un video di essere pronto a cogliere l’opportunità e «liberare la Bielorussia dalla dittatura e dall’occupazione». L’obiettivo primario di Lukashenko è ovviamente impedire che una cosa del genere accada.

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Lukashenko ha riacquisito centralità dopo la vicenda della Wagner (Getty).

Da supplicante a salvatore? Lo scambio di favori con lo zar

Dal 1999 Bielorussia e Russia si sono riavvicinate nel cosiddetto “Stato dell’Unione di Russia e Bielorussia”, un’entità sovranazionale e intergovernativa. Lukashenko, al potere nel suo Paese dal 1994, all’inizio ha cercato di mantenere un certo grado di autonomia da Putin. Una relazione che tra i due è sempre stata «piuttosto turbolenta e con molti alti e bassi», l’ha definita Preiherman. Ma le cose sono cambiate nettamente dall’estate del 2020, quando si sono tenute le elezioni presidenziali (truccate) in Bielorussia, in cui Lukashenko correva per il suo sesto mandato personale. Alla fine, manco a dirlo, ha vinto, con accuse di pesanti brogli che hanno scatenato massicce proteste popolari di piazza. Migliaia di persone hanno chiesto le sue dimissioni, ma è qui che è stato decisivo l’intervento del Cremlino, che si è schierato al fianco di Lukashenko minacciando di intervenire militarmente per ristabilire l’ordine. Lukashenko è riuscito così a reprimere brutalmente le manifestazioni, sbattendo i leader degli oppositori in galera o costringendoli all’esilio.

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Lukashenko e Putin a tavola (Getty).

Le chiacchierate condizioni di salute del 68enne Lukashenko

Adesso Putin e Lukashenko sembrano essersi scambiati i ruoli, come ha sottolineato anche l’attivista bielorussa per i diritti umani Olga Karach: «Prima Lukashenko era nella posizione del leader supplicante che non poteva ristabilire l’ordine nel suo Paese da solo… Stavolta è Putin che poteva ripristinare la calma solo con un aiuto esterno». Ora il dittatore bielorusso è pronto a passare all’incasso, traendo benefici anche in termini di politica interna. Negli ultimi mesi ci sono state molte speculazioni sulle presunte cattive condizioni di salute del 68enne Lukashenko e sui suoi ricoveri in ospedale. Questa mossa però adesso farebbe senza dubbio aumentare la sua autorità, specialmente nell’apparato di sicurezza bielorusso, indebolendo allo stesso tempo l’opposizione interna. Da quando è iniziata l’invasione della Russia in Ucraina, Lukashenko è stato un fedele alleato di Putin, tanto da permettere allo zar di lanciare razzi verso Kiyv dal territorio bielorusso. Una trasformazione in Stato “vassallo” russo resa ancora più evidente dopo l’annuncio che a Mosca sarebbe stato permesso di posizionare armi nucleari in Bielorussia. Ma i recenti sviluppi potrebbero rafforzare la posizione e l’influenza di Lukashenko sulla Russia. «Avrà un ruolo più importante nella politica interna ed estera russa. E non credo che a molte persone a Mosca e al Cremlino questa cosa piacerà», ha spiegato sempre l’analista Preiherman.

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Nelle ultime settimane si è speculato molto sulle condizioni di salute di Lukashenko (Getty).

L’episodio dei mercenari Wagner arrestati a Minsk

Ma in che rapporti sono Lukashenko e Prigozhin? Poco si sa della relazione tra i due, se non che anche il presidente bielorusso ha sicuramente vissuto il suo personale conflitto con il gruppo Wagner. Nel luglio 2020, poco prima delle tanto contestate elezioni presidenziali in Bielorussia, 33 combattenti – presumibilmente membri del gruppo Wagner – sono stati arrestati nel Paese perché, secondo le autorità locali, stavano destabilizzando la situazione. Successivamente emerse che gli arresti erano il risultato di un’operazione dei servizi segreti ucraini. Dopo due settimane, quegli uomini furono rilasciati e rimpatriati in Russia.

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Vladimir Putin e Yevgeny Prigozhin (Getty).

Sarà davvero un nuovo interlocutore degno nella regione?

Ci sono pochi dettagli sui negoziati che si sono svolti questa volta tra Lukashenko e Prigozhin durante il convulso fine settimana russo, e ancora non si è capito se Prigozhin rimarrà in Bielorussia a lungo termine o se andrà all’estero. Lukashenko dovrà tenere d’occhio il capo dei mercenari. «Prigozhin non sarà in grado di affermarsi in Bielorussia come ha fatto in Russia», ha osservato Preiherman. Lukashenko si sarà anche guadagnato una certa credibilità dopo questo episodio, ma resta certo che in futuro dipenderà ancora pesantemente dalla Russia. Il più grande vantaggio che è riuscito a trarre dal blitz militare tentato e poi abortito dalla Wagner è quello di sembrare di nuovo un degno interlocutore nella regione. Il giorno dopo l’ammutinamento, Oleksiy Danilov, segretario del Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale dell’Ucraina, ha scritto che, se ci fossero stati negoziati tra Ucraina e Russia, non avrebbe escluso l’ipotesi di un Lukashenko seduto al tavolo delle trattative. Da vassallo a player con una certa dignità, il tempo di una retromarcia su Mosca.

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