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Silvia Romano di nuovo a casa a Milano

La cooperante liberata dopo 18 mesi di sequestro ha varcato il portone del suo appartamento milanese nel tardo pomeriggio. Ad accoglierla una folla di amici, vicini e curiosi. «Sto bene, rispettatemi». A causa degli insulti la prefettura sta valutando una tutela.

Davanti a una folla composta da amici, vicini o semplici curiosi, Silvia Romano ha finalmente fatto ritorno a casa sua. Due giorni dopo la liberazione arrivata al termine di 18 mesi di sequestro e all’indomani dello sbarco in Italia, la giovane cooperante è arrivata a Milano da Roma nel pomeriggio dell’11 maggio.

Silvia, letteralmente assalita da un nugolo di giornalisti per i quali evidentemente non vale il concetto di distanziamento sociale, è scesa dal Suv grigio sul quale si trovava assieme alla madre e alla sorella e ha fatto il suo ingresso in casa protetta da un cordone di forze dell’ordine, limitandosi a dire di «stare bene». «Rispettate questo momento», ha risposto la 24enne a chi le chiedeva se tornerà mai in Kenya. Subito dopo si è levato un lungo applauso spontaneo da parte del quartiere che ha finalmente potuto riabbracciare la sua Silvia.

Pochi istanti dopo, la ragazza si è affacciata dalla finestra della sua abitazione, salutando la folla di persone e operatori dell’informazione che in strada ha accolto il suo ritorno a casa. La giovane cooperante milanese ha mostrato il pollice alzato e si è messa la mano destra sul cuore ringraziando tutti, mentre in strada veniva scandito il suo nome tra gli applausi. Dopo pochi secondi, la ragazza è rientrata nel suo appartamento e la finestra è stata poi chiusa anche con la tapparella.

ODIO E POLEMICHE

Un ritorno che ha portato, ovviamente, gioia e soddisfazione, ma anche una serie di polemiche politiche soprattutto legate alla scelta della ragazza di convertirsi all’Islam, col nome di Aisha, e all’ipotesi del pagamento di un riscatto per liberarla. In più, per lei in queste ore una lista infinita di insulti via social network, tanto che la Prefettura sta valutando il tipo di tutela, fissa o mobile, a cui verrà sottoposta, mentre per ora per 14 giorni dovrà rimanere in isolamento domiciliare come prevedono le disposizioni per il contenimento del coronavirus.

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Riapertura a macchia di leopardo: il fronte delle Regioni

Il ministro Boccia propone a partire dal 18 maggio una differenziazione a seconda dell'andamento dei contagi. La formula piace al toscano Enrico Rossi. Mentre Toti, presidente della Liguria, annuncia l'avvio anche della stagione balneare. Oggi videoconferenza con il governo.

Si avvicina la data del 18 maggio quando potrebbero riaprire bar, ristoranti e parrucchieri, ma con «le necessarie differenze tra regioni», ha spiegato il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia ad Agorà, a seconda dell’andamento dei contagi. Occhio dunque ai dati che saranno diffusi giovedì prossimo.

FONDAMENTALE L’ANDAMENTO DEI CONTAGI

La differenziazione permetterebbe almeno ad alcune aree del Paese di riacquistare una maggiore libertà. «Poi sarà responsabilità delle singole Regioni avere il quadro dei dati: se i contagi andranno giù potranno riaprire anche altre attività, se i contagi saliranno dovranno restringere», ha precisato Boccia.

SALVINI: «GIUSTO CHIEDERE REGOLE CHIARE»

La formula a macchia di leopardo piace a Matteo Salvini. «Mi sembra giusto, ci sono interi pezzi di Italia dove non ci sono morti e contagiati da giorni e giorni, ci sono altre zone, come la mia Milano, dove bisogna avere più attenzione», ha detto il segretario della Lega a Rtl 102.5 «Penso che sia giusto da parte degli italiani chiedere allo Stato e al governo regole chiare».

ROSSI: «IN TOSCANA SIA RIAPERTO IL PIÙ ALTO NUMERO DI ATTIVITÀ»

Anche Enrico Rossi, presidente della Toscana, ha apprezzato la proposta. «Oggi pomeriggio, nel confronto con il governo», ha scritto Rossi in una nota, «mi batterò perché la Toscana sia trattata come merita e sia riaperto in sicurezza il più largo numero possibile di attività». La Regione Toscana «rispettando sostanzialmente gli indirizzi del governo, ha in molti casi adottato misure anche più prudenziali, pur avendo un quadro epidemiologico nettamente migliore rispetto ad altre Regioni e alle medie nazionali», ha continuato il governatore. «Sono convinto che le riaperture dovranno essere graduali e organizzate al fine di impedire concentrazioni di persone e assembramenti e per consentire ai cittadini e agli operatori economici di abituarsi con gradualità, come già sta avvenendo, a misure appropriate nei comportamenti, nel distanziamento e nella protezione individuale».

TOTI: «DAL 18 APRIAMO TUTTO, SPIAGGE COMPRESE»

Sulla riapertura non ha dubbi il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti. «Dal 18 maggio riapriamo tutto, spiagge comprese», ha annunciato in un’intervista al Corriere della sera dando il via di fatto alla stagione balneare. «Ho sentito il ministro Francesco Boccia e credo che alla fine ci sarà il via libera. Noi chiediamo due cose: che ci conceda di riaprire le attività dal 18 e che torni alle Regioni l’autonomia concessa dal Titolo V e che ci è stata sottratta dal dpcm. Arrivati alla fase 2, il governo ha tolto il piede dal freno un attimo in ritardo».

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I ristoranti apriranno dal 18, spiega ancora Toti, «con i protocolli nazionali dell’Inail, che sono in ritardo. Altrimenti con le nostre regole. Daremo la concessione di suolo pubblico gratuito e più tavoli all’aperto». La preoccupazione maggiore riguarda il comparto turistico che «dà lavoro a 100 mila persone e se si viaggerà tra le Regioni potremmo salvare il 70% della stagione. Basterà la distanza sociale». La Regione Liguria, ha ribadito Toti, sta «sperimentando un braccialetto volontario da mare: se ti avvicini a meno di un metro vibra. Una cosa giocosa. Chissà, magari diventa una moda. Per le spiagge libere decideremo con i Comuni: potrebbero esserci steward per la moral suasion. Sotto lo stesso ombrellone chi vive insieme».

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Perché donare sangue ora più che mai è importante e sicuro

Ancor prima dell'emergenza coronavirus, a inizio marzo, mancavano 2 mila sacche. I timori successivi hanno contribuiti ad aumentare l'allarme. E ora si moltipliccano gli appelli.

Già nella prima settimana di marzo, quando ancora le misure contro l’epidemia di coronavirus non erano state varate, mancavano 2 mila sacche di sangue e il problema è peggiorato nei giorni successivi, con molte persone che non sono andate a donare, un po’ per la paura del virus un po’ perché non era chiaro se fosse possibile uscire per andare ai centri di raccolta. In queste ore, dopo che ieri ha affrontato il tema anche il commissario della Protezione civile Angelo Borrelli, il caso è rimbalzato anche sui social, con appelli a donare anche da parte di persone famose, oltre che di politici da Salvini a Di Maio.

ALL’APPELLO MANCA IL 10% DEL NECESSARIO

Nella settimana tra il 2 e l’8 marzo sono state raccolte 2 mila sacche di sangue in meno rispetto al fabbisogno, segnala Giancarlo Liumbruno, direttore generale del Centro Nazionale Sangue (Cns), circa il 10% in meno di quanto necessario. «Si è riusciti a mantenere il sistema in equilibrio grazie alla compensazione interregionale» – spiega – «alle scorte e al fatto che in molte aree sono stati rinviati gli interventi non urgenti, ma se il trend rimane sarà impossibile garantire il fabbisogno, che normalmente è di circa 48 mila sacche alla settimana consumate per circa 1.800 pazienti al giorno».

LE RIPERCUSSIONI DELL’ALLARME IN LOMBARDIA

Tra le regioni in rosso, ha ricordato il presidente di Avis Lombardia Oscar Bianchi, c’è anche quella ‘epicentro’ dell’epidemia. «In Lombardia la produzione è stata di 7.712 unità a fronte di un consumo di 8.275, quindi abbiamo utilizzato 563 sacche in più« – spiega – «dei 2 milioni di sacche di sangue e plasma prodotte ogni anno nel nostro Paese, 500 mila, ben un quarto, vengono dalla Lombardia. Non solo il territorio lombardo è autosufficiente in questo campo, ma contribuisce storicamente alle necessità di altre zone, in particolare Lazio e Sardegna. E in queste regioni, come pure in Campania e Sicilia, l’allarme è già scattato».

CHIAMARE IL PUNTO DI RACCOLTA PER EVITARE ASSEMBRAMENTI

Anche un’altra regione ‘virtuosa’, il Friuli Venezia Giulia, ha denunciato un calo del 20% nella raccolta, e diversi presidenti di regione, dalla Campania al Molise, hanno fatto appelli a donare, condivisi anche da personaggi famosi, dallo scrittore Gianrico Carofiglio, che ha postato una foto su Twitter mentre donava, alla presentatrice Victoria Cabello all’attrice Lodovica Comello a Carlo Verdone, che ha ricordato che il Lazio è una delle regioni con più problemi in questo senso. Anche diversi politici nazionali, da Di Maio a Salvini a Zingaretti a Meloni hanno fatto appelli in questo senso. Il consiglio per tutti, specifica il Cns, è di chiamare il punto di raccolta per prenotare la donazione ed evitare assembramenti.

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Il farmaco anti-artrite usato contro il coronavirus sembra dare buoni risultati

L'oncologo Paolo Ascierto, del "Pascale" di Napoli chiede protocollo nazionale per estendere l'impiego del Tocilizumab. Sarà estubato uno dei primi due pazienti trattati in Italia.

Subito un protocollo nazionale per estendere l’impiego di Tocilizumab, farmaco anti-artrite, nei pazienti contagiati da coronavirus e in condizioni critiche. Lo chiede l’oncologo Paolo Ascierto, del Pascale di Napoli: «Il farmaco ha dimostrato di essere efficace contro la polmonite da Covid-19». A Napoli, spiega, «sono stati trattati i primi due pazienti in Italia, in 24 ore la terapia ha evidenziato ottimi risultati e domani sarà estubato uno dei due pazienti perché le sue condizioni sono migliorate. Ieri è iniziato il trattamento per altre due persone e oggi ne tratteremo altre due».

TERAPIE ANCHE NEI CENTRI DI BERGAMO, FANO E MILANO

Altri malati, precisa Ascierto, presidente Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli, «hanno già ricevuto la terapia anche nei centri di Bergamo, Fano e Milano. Ma è molto importante che il suo utilizzo venga esteso quanto prima, così potremo salvare più vite. La nostra struttura insieme all’Azienda Ospedaliera dei Colli è stata la prima, in Italia, a utilizzare questa terapia nei pazienti con coronavirus».

COLLABORAZIONE CON I COLLEGHI CINESI

«Abbiamo stabilito un vero e proprio ponte della ricerca con i colleghi cinesi, che avevano già osservato un miglioramento nei malati trattati in questo modo» – spiega inoltre Gerardo Botti, Direttore Scientifico del Pascale -. «Solo la collaborazione internazionale consentirà di mettere a punto armi efficaci contro il Covid-19 e il Pascale da sempre si distingue per la capacità di siglare collaborazioni a livello globale. I risultati positivi di Tocilizumab devono essere validati, per questo serve uno studio multicentrico nazionale».

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