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L’ascesa dell’abbigliamento made in China, a partire dalle scarpe
Uno stile tradizionale ispirato alla cultura locale, affiancato da brand di abbigliamento, non più stranieri, ma creati e pensati appositamente per la clientela autoctona. In Cina sta andando in scena una rivoluzione silenziosa che, nel giro di qualche anno, potrebbe presto cambiare l’intero settore della moda cinese, o meglio ancora, ogni ambito del fashion, dallo sportwear allo streetwear, fino alle nicchie più lussuose ed esclusive. E pensare che a Pechino, fino a non molto tempo fa, indossare un abito Gucci o sfoggiare una borsa Prada erano segnali che garantivano uno status elevato agli occhi dell’opinione pubblica. Del resto la Cina, fin dal suo ingresso nell’economia internazionale (Anni 80), aveva sempre preferito produrre capi d’abbigliamento per i grandi brand occidentali – intascando così laute commissioni – che non perfezionare i propri, scadenti e sconosciuti oltre la Muraglia. A partire dagli Anni 2000 qualcosa è però cambiato. Il gigante asiatico stava tornando al centro del mondo e, soprattutto con l’avvento del presidente Xi Jinping, è diventata sempre più forte l’esigenza del Paese di farsi riconoscere come eccellenza in svariati ambiti, al pari e più dell’Occidente. Il diktat dall’alto è diventato sempre più chiaro: incamerare il know how straniero, fonderlo con la conoscenza e cultura cinese e creare alternative «con caratteristiche cinesi».
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Anche così si combatte la Guerra fredda a colpi di soft power
Ma per quale motivo la Cina dovrebbe puntare sulla moda? Semplice: la Guerra fredda con gli Stati Uniti – e più in generale con l’Occidente – si giocherà sempre di più a colpi di soft power. Per dare vita a una solida sfera d’influenza globale, Pechino ha bisogno di uno o più jolly da calare sul tavolo, proprio come fecero a suo tempo gli Usa con il mondo del cinema e, più in generale, con un immaginario culturale che continua ancora oggi a pervadere la quotidianità occidentale. In attesa di una fantomatica Hollywood cinese, o di un attore riconosciuto dal grande pubblico mondiale, il Dragone ha ideato vari brand tecnologici – come Huawei, Oppo e Xiaomi – presto diventati campioni nei loro settori di appartenenza. Poiché la guerra tecnologica con gli Usa rischia di compromettere l’ascesa hi-tech cinese, ecco che il Paese asiatico è pronto a virare su una valida alternativa.
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Per la generazione Z (270 milioni di persone) il “Made in China” è un orgoglio
La rapida urbanizzazione e una classe media in espansione hanno accelerato il passaggio della Cina verso particolari stili di vita. La domanda di beni di consumo è aumentata, così come, tra le altre, la richiesta di indossare capi di abbigliamento firmati e alla moda. Per capire il peso di questo settore, che dovrebbe crescere a un tasso del 10 per cento da qui al 2026, nel 2021 le vendite di abbigliamento sportivo nella Repubblica popolare hanno toccato i 51,9 miliardi di dollari, pari al 13,4 per cento della torta dell’abbigliamento complessivo nazionale. La tendenza più interessante fa tuttavia rima con guochao («onda nazionale»): significa che il mercato dello sportwear si sta spostando verso etichette locali, e che i consumatori cinesi della cosiddetta generazione Z – un bacino di circa 270 milioni di persone – hanno trasformato l’etichetta “Made in China” da stigma da nascondere a simbolo d’onore. Insomma, se è vero che il mercato dell’abbigliamento sportivo in Cina è stato a lungo dominato da marchi americani ed europei, è altrettanto vero che, di recente, i consumatori cinesi sono sempre più interessati ai marchi locali.
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I brand in rampa di lancio nello sportwear: Li Ning, Anta e Xtep
Quale sarà la prossima Nike? Sul fronte dello sportwear cinese i brand più promettenti sono Li Ning, Anta e Xtep. Li Ning è stata fondata nel 1990 dall’omonima Li Ning, ginnasta cinese in pensione e medaglia d’oro alle Olimpiadi del 1984 a Los Angeles. Dopo un’esistenza tutto sommato piatta, contrassegnata da una rovinosa “caduta in rosso” nei primi anni del 2010, la società ha svoltato quando ha deciso di espandere la sua gamma di abbigliamento sportivo, includendo lo streetwear alla moda, e diventando così popolare in un pubblico trasversale. Nel 2018, ha partecipato per la prima volta alla New York Fashion Week. In quell’occasione, ha sfoggiato abbigliamento sportivo sia con il suo logo principale che con un altro logo, rosso e bianco, riportante le parole “China Li Ning” scritte in lingua cinese. Nel 2022, i ricavi di Li Ning sono aumentati del 14,3 per cento su base annua, raggiungendo i 3,5 milioni di dollari, rispetto ai 3 milioni del 2021.
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Stampanti 3d per le suole e prezzi competitivi: meno di 50 euro al paio
Usando la stessa strategia, e cioè quella di attingere al fiorente orgoglio nazionale della Cina, anche Anta ha saputo ritagliarsi uno spazio d’azione nel settore, enfatizzando design, qualità e prestazioni. Anta Sports Products, che gestisce il marchio, è stata fondata nel 1991. Per diversificare il proprio portafoglio e attirare una clientela più ampia ha acquisito i diritti sul marchio Fila in Cina, Hong Kong e Macao. L’azienda ha inoltre investito in brand internazionali come Amer Sports, proprietario di nomi noti come Salomon, Arc’teryx e Wilson. Infine troviamo Xtep, che può vantare una sede moderna nella città cinese di Jinjiang, nella provincia del Fujian. Al suo interno, l’azienda sviluppa gli ultimi modelli di scarpe sfruttando al meglio il Running science laboratory, un laboratorio dove i tecnici dell’azienda registrano dati, fanno prove e utilizzano stampanti 3d per creare le suole più comode. Il prezzo dei prodotti è competitivo: meno di 50 euro al paio.
Si muove qualcosa anche a livello dell’abbigliamento di lusso
Numeri alla mano, nel 2022 il mercato dello streetwear cinese era suddiviso tra Nike (22,6 per cento), Anta (20,4 per cento), Adidas (11,2 per cento) e Li Ning (10,4 per cento), con i brand locali pronti a fagocitare altro spazio operativo sulla scia di patriottismo e nazionalismo. Certo, a livello globale le creature del Dragone hanno ancora tanta strada da fare, visto che sono in ritardo rispetto ai loro competitor occidentali. Il loro piano è però quello di rafforzarsi in patria per poi emergere anche all’estero, sulla scia del percorso effettuato da Huawei nel campo degli smartphone e tablet. Intanto, in Cina si muove qualcosa anche a livello dell’abbigliamento di lusso. Come ha scritto il Financial Times parlando dello xin zhong shi (stile neo cinese), numerosi stilisti cinesi hanno lanciato le loro etichette per proporre collezioni con evidenti riferimenti alla moda tradizionale cinese. È l’ascesa del lusso del Dragone, un guochao più raffinato e ancora più intriso di cultura locale.