Strada dei Parchi, dopo l’anticipo del risarcimento del Mit si apre la partita sulla concessione

A Mario Draghi, Francesco Giavazzi e Roberto Garofoli devono fischiare fastidiosamente le orecchie. E adesso tra l’ex presidente del Consiglio e Giorgia Meloni, dopo l’idillio al momento della successione, rischia di esserci un motivo in più di frizione, dopo gli screzi sulla responsabilità dei ritardi del Pnrr. Il motivo si chiama Strada dei Parchi, la società del gruppo Toto, a cui esattamente un anno fa veniva revocata la concessione delle autostrade A24 e A25, la cosiddetta Roma-L’Aquila-Teramo, per decisione di Draghi e con la supina acquiescenza dell’allora ministro dei Trasporti Enrico Giovannini. Poi gli attendenti Giavazzi, consigliere economico di Draghi, e Garofoli, capo di gabinetto ma anche influente consigliere di Stato, fecero il resto. Per ragioni che restano tuttora incomprensibili, il terzetto applicò alla concessionaria del gruppo abruzzese la norma dell’esproprio che il governo Conte minacciò di usare ma mai attivò contro i Benetton per il ponte Morandi, nonostante che in quel caso ci fossero stati 43 morti. Si basarono sul fatto che alcune Procure indagavano Strada dei Parchi con l’accusa di non aver fatto adeguate manutenzioni e quindi di mettere a rischio l’incolumità degli automobilisti. Peccato che ora in sequenza prima il tribunale dell’Aquila e poi quello di Teramo abbiano assolto tutti con formula piena (“il fatto non sussiste”) e che i commissari di Strada dei Parchi, nominati perché la società dei Toto è stata costretta a chiedere il concordato preventivo, abbiano rincarato la dose parlando di «brutale» interruzione della concessione autostradale nonostante la gestione «non presentasse criticità».

Strada dei Parchi, dopo l'anticipo del risarcimento del Mit si apre la partita sulla concessione
Roberto Garofoli (Imagoeconomica).

A Strada dei Parchi spetta la cifra complessiva di 2 miliardi e 313 milioni al netto dei danni morali

Di conseguenza il governo Meloni si trova costretto a rimediare all’errore di Draghi e dei draghiani di ferro. Come? Intanto ha fatto un primo passo con un decreto interministeriale, a firma Salvini e Giorgetti, con cui si riconosce a SdP un risarcimento pari a 1,2 miliardi di euro, che le servirà a uscire in bonis dal concordato. La cifra gliela ha indicata un parere di E&Y, assoldata in fretta e furia per rispettare la stessa legge Draghi, che prevedeva che entro un anno dovesse essere liquidato in via definitiva il concessionario estromesso. Ma ci vorrà un secondo passo, che per così dire rimuova la rimozione. E per farlo ci vorrà una nuova norma, che cancelli quella sbagliata di un anno fa. E siccome è ormai assodato che alla concessionaria ingiustamente rimossa spetti una cifra complessiva di 2 miliardi e 313 milioni al netto di danni morali – cifra che i commissari di Strada dei Parchi hanno formalmente definito «congrua» – cioè oltre 1,1 miliardi in più di quanto già assegnato a legislazione invariata – bisognerà capire se il governo proporrà ai Toto di transare pagando la differenza o invece restituire loro la concessione e ridare a Strada dei Parchi la gestione della Roma-L’Aquila-Teramo, nel frattempo data provvisoriamente ad Anas. Per decidere si è già formato un tavolo con i capi di gabinetto e i funzionari di Mit, Mef e Chigi. L’impressione è che ai Trasporti siano più orientati a pagare e all’Economia a restituire la concessione, tanto che alla fine sarà la presidenza del Consiglio a far pendere la bilancia da una parte o dall’altra.

Strada dei Parchi, dopo l'anticipo del risarcimento del Mit si apre la partita sulla concessione
Un casello autostradale.

Resta aperta la questione della messa in sicurezza delle due autostrade che spetta allo Stato

In tutti i casi, che torni SdP o che rimanga Anas (magari in attesa di rimettere la concessione a gara), resta da risolvere il vero problema di quelle due autostrade: la messa in sicurezza strutturale. Dal terribile terremoto dell’Aquila del 2009 sono passati ben 14 anni. Da allora si sono susseguite miglia di scosse di varia intensità, ci sono stati nove governi (Berlusconi IV, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte I e II, Draghi e ora Meloni), altrettanti ministri delle Infrastrutture e dei Trasporti (Di Pietro, Matteoli, Passera, Lupi, Delrio, Toninelli, De Micheli, Giovannini, Salvini) e persino alcuni commissari ad hoc (l’attuale è Marco Corsini, nominato un anno e mezzo fa) ma gli interventi straordinari di natura anti-sismica di cui A24 e A25 abbisognano (si parla di 4-6 miliardi di spesa) sono ancora tutti da fare. E spetta allo Stato farlo. Altrimenti oltre al possibile (probabile?) danno erariale che la legge Draghi ha generato, nel deprecato caso di un nuovo terremoto (siamo nella zona a più alto rischio sismico d’Italia) scatterebbe ben altro danno. Chi pagherebbe? La lista è lunga, le preoccupazioni aumentano.

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