Puccini e non solo: i cartelloni dei teatri lirici italiani della prossima stagione

Celebrare il centenario della morte di Giacomo Puccini (Bruxelles, 29 novembre 1924) per i teatri lirici italiani è una sinecura. In linea di massima, non occorreva fare nulla di più del solito. Si parla infatti di un compositore che ha avuto (per restare agli ultimi cinque anni, dati del sito specializzato operabase) quattro titoli fra i 10 più rappresentati, e due sul podio, visto che in questa classifica La bohème è seconda e Tosca terza (la Butterfly figura al settimo posto, Turandot al nono). E infatti, se si dà una scorsa alle stagioni 2023-24 delle Fondazioni lirico-sinfoniche si nota che non si discostano di molto dalla consuetudine: Puccini c’è sempre, più o meno in risalto nei cartelloni per i cast, le direzioni, gli allestimenti. Però, quasi sempre con i soliti titoli, quelli che abbiamo appena citato.

Il Regio di Torino presenta il Puccini meno battuto: da La Rondine alla Fanciulla del WestLe villi

L’eccezione più significativa è data dal Regio di Torino, dove giustamente devono avere preso molto sul serio il ruolo di questo teatro come incubatoio della grande affermazione pucciniana (qui nacquero Manon Lescaut, La bohème e in sostanza il mito pucciniano). Al netto dell’inevitabile opera di Mimì, infatti, in un calendario che gioca in largo anticipo (inaugurazione il 21 settembre con la rara La Juive di Halévy, regia del richiestissimo Stefano Poda, “firma” della controversa Aida areniana di quest’estate) troviamo una buona parte del Puccini che nel repertorio non c’è. Cioè quello della lunga traversata dalla Butterfly a Turandot, un ventennio di riflessioni, elaborazioni, tentativi che più di tutti collocano il musicista lucchese nella modernità novecentesca. E dunque, spazio alla singolare incursione pucciniana nei dominî dell’operetta con La Rondine (dal 17 al 26 novembre), firmata per la regia da Pierre-Emmanuel Rousseau: uno spettacolo, è stato annunciato, ambientato nel 1973, «per rendere omaggio al cinquantenario del nuovo Regio e per evocare il fascino degli anni di Yves Saint-Laurent, Brigitte Bardot, Romy Schneider e Alain Delon». Ma spazio anche all’ancora più rara Fanciulla del West, “nata” al Met di New York nel 1910, anche qui con regia d’autore, quella di Valentina Carrasco (22 marzo – 2 aprile); e perfino alla derelitta opera prima, Le villi, che al Regio non era mai più stata rappresentata dopo il 1884.

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La locandina della prima rappresentazione italiana della Rondine.

Solo a Torino in scena il Trittico nella sua struttura originale

Nel calendario torinese (in cui spicca il nome di Riccardo Muti, unica presenza operistica italiana dal 21 febbraio al 3 marzo, sul podio per il verdiano Un ballo in maschera) figura anche il Trittico, composto come si sa dai tre atti unici Il tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi. Le singole parti sono – ciascuna per conto suo – piuttosto presenti nel repertorio (specialmente l’ultima, unica incursione di Puccini nel comico) in ogni sorta di “accoppiamento” con altri titoli. Tutto insieme, il Trittico è cosa da festival (Salisburgo l’anno scorso, Taormina Arte in questi giorni) e piuttosto raramente da teatro lirico: nella prossima stagione lo si potrà ascoltare e vedere nella struttura originale solo a Torino, con la direzione di Pinchas Steinberg e la regia nuova di Tobias Kratzer (21 giugno – 4 luglio ’24). All’Opera di Roma, procede infatti dalla scorsa stagione un progetto che vede i singoli atti unici separati e accompagnati da altri titoli, e si avrà quindi Gianni Schicchi insieme a L’heure espagnole di Maurice Ravel, “farsa amorosa” in qualche sintonia con la grottesca vicenda dantesca (7-16 febbraio). Singolare poi la scelta del Comunale di Bologna, che inaugurerà la sua stagione con Manon Lescaut (nuovo allestimento di Leo Muscato, sul podio Oksana Lyniv, dal 27 al 31 gennaio) e avendo deciso di proporre anche il Trittico in una nuova produzione di Pier Francesco Maestrini, diretta da Roberto Abbado, lo farà a serate separate, una per ciascun atto unico, dal 3 al 19 luglio ‘24.

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Il Teatro Regio di Torino (Getty Images).

Le proposte pucciniane della Scala: la Rondine firmata da Irina Brook e la Turandot di Livermore

Resta da dire delle proposte pucciniane della Scala. Si tratta di due nuove produzioni piuttosto intriganti: una Rondine affidata a Irina Brook (la figlia del grande Peter Brook) che il direttore musicale Riccardo Chailly ha riservato alla sua bacchetta, e una Turandot che sarà firmata da Davide Livermore e vedrà sul podio il prossimo direttore stabile di Santa Cecilia, Daniel Harding (dal 25 giugno al 15 luglio ’24). Protagonisti vocali Anna Netrebko (soprano che non si dà limiti di repertorio) e il tenore consorte Yusif Eyvazov. Verrà eseguito il tradizionale completamento del finale (come si sa, mancante per la morte del compositore) scritto negli Anni 20 da Franco Alfano. Peccato sia stato abbandonato quello realizzato da Luciano Berio a fine Anni 90, che pure Chailly aveva adottato in una precedente produzione scaligera. Come ha chiarito Virgilio Bernardoni nell’ultima monografia dedicata a Puccini, uscita per il Saggiatore a fine maggio, si tratta di «un’operazione ermeneutica che ci illumina sul senso possibile del teatro di Puccini nel nostro tempo». In altre parole, un capolavoro per il capolavoro.

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La Scala di Milano (Getty Images).

Al Piermarini tra il Rosenkavalier di Strauss e il Cappello di paglia di Firenze di Rota. Oltre al Don Carlo inaugurale

Fuori dal pianeta Puccini, uno sguardo d’insieme alla prossima stagione dei principali teatri operistici italiani conferma tendenze antiche e recenti in cartelloni decisamente ampi e diversificati. Fra questi teatri, per il momento è giocoforza togliere Firenze, non per una scelta di chi scrive ma perché la devastante crisi arrivata a un passo dalla liquidazione della Fondazione fa sì che non ci sia traccia di programmi oltre la metà di luglio. Nell’assai ricco cartellone della Scala – una forza produttiva (cioè economica) di gran lunga ineguagliabile, con una decina di nuove produzioni – faticherete a trovare musica del Novecento. Lo è, paradossalmente, quella di entrambe le opere di Puccini inserite in stagione, poi si trova lo Strauss del Rosenkavalier (1911), che segnerà peraltro il debutto al Piermarini di Kirill Petrenko, il direttore stabile dei Berliner (12-29 ottobre ’24). E, quasi come un divertissement, il grazioso Cappello di paglia di Firenze che Nino Rota compose nel 1945 e portò in scena solo un decennio più tardi, dalla deliziosa qualità comunicativa (dal 4 al 18 settembre ’24). Troverete invece molti titoli fondamentali di altre epoche, non necessariamente nel grande repertorio (a partire dal Don Carlo verdiano inaugurale, seconda parte della riflessione sul potere aperta lo scorso 7 dicembre dal Boris Godunov di Musorgskij), con nomi di primo piano sia per il podio che per i cast vocali e gli allestimenti. Ci sarà una nuova regia di Damiano Michieletto per la Medée di Cherubini (14 – 28 gennaio), una di Chiara Muti per il Guillaume Tell rossiniano (20 marzo – 10 aprile), una dello straordinario Robert Carsen per la secentesca Orontea di Antonio Cesti, affidata alla bacchetta specialistica di Giovanni Antonini e al controtenore Carlo Vistoli (26 settembre – 5 ottobre ’24).

A Wagner pensa anche la ‘sua’ Bologna con la direzione di Oksana Lyniv

Ultima tappa della prossima stagione l’avvio di una nuova edizione del Ring wagneriano con la regia di David McVicar e la direzione di uno specialista del calibro di Christian Thielemann (28 ottobre – 10 novembre ’24). A Wagner pensa anche la “sua” Bologna (qui avvennero tante prime italiane delle sue opere), ma deve limitarsi – le risorse non sono le stesse della Scala – alla forma di concerto. Peraltro, con la direzione di Oksana Lyniv, la direttrice ucraina che è stata la prima donna nella storia a salire sul podio a Bayreuth. L’oro del Reno verrà eseguito all’auditorium Manzoni di Bologna il 12 e 13 giugno. Il 17 e 19 ottobre 2024 toccherà a Die Walküre.

La grande tradizione protagonista al San Carlo di Napoli

Eguale dedizione alla storia dell’opera meno vicina a noi si trova nell’ampio cartellone del Teatro di San Carlo a Napoli, che sarà inaugurato il 9 dicembre prossimo da una nuova Turandot firmata dal giovane regista russo Vasily Barkhatov, che fa così il suo debutto italiano. I titoli sono una dozzina, oltre la favola cinese di Puccini solo un paio novecenteschi: Elektra di Strauss (27 settembre – 3 ottobre ’24), e Il castello di Barbablù di Bela Bartók (24 – 30 maggio), che sarà proposto in accoppiata con La voix humaine di Poulenc affidato alla massima interprete odierna di questa partitura, Barbara Hannigan. Per i vociomani, da annotare La gioconda di Ponchielli con la coppia Netrebko-Kaufmann (10 – 17 aprile) e la verdiana Traviata con l’eccellente Lisette Oropesa (14 – 30 luglio ’24). Per il resto, spazio a Mozart, Bellini e Donizetti, con titoli noti e amati, senza trascurare la Carmen di Bizet. La grande tradizione, insomma.

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Il San Carlo di Napoli (Getty Images).

La Fenice apre con Contes d’Hoffmann di Offenbach

Il cartellone della Fenice di Venezia, che sarà aperto con una coproduzione internazionale (con Sydney, Londra e Lione) dei Contes d’Hoffmann di Jacques Offenbach firmata dal veneziano Damiano Michieletto e diretta da Antonello Manacorda, con il basso-baritono Alex Esposito fra i protagonisti (24 novembre – 2 dicembre). A seguire il repertorio e le proposte originali anche inedite si equilibrano in un programma in 14 titoli con nove nuovi allestimenti. Si va dal barocco del Tamerlano di Vivaldi affidato allo specialista Diego Fasolis (7 – 15 giugno) al ritorno del Pinocchio, opera per ragazzi scritta da Pierangelo Valtinoni nel 2001 e ampliata nel 2006, già in scena a Venezia nel 2019 (18 – 24 gennaio); si riuniscono Luigi Nono e Arnold Schönberg, nella vita genero e suocero, con La fabbrica illuminata ed Erwartung (13 – 22 settembre 2024), si rende omaggio a una figura cruciale della musica italiana del ‘900 come il veneziano Gian Francesco Malipiero, scomparso nel 1973, proponendone La vita è sogno da Calderón de la Barca (31 ottobre – 9 novembre ‘24); si offre una duplice prospettiva sul neoclassicismo fra Strauss e Respighi, fra Ariadne auf Naxos (regia di Paul Curran, 21 – 30 giugno) e la rarità della stagione costituita da Maria Egiziaca (1932), che il compositore bolognese scrisse nei primi Anni 30 rivisitando a modo suo, non senza intense pagine sinfoniche, lo stile del gregoriano e del Rinascimento. La regia reca la firma di Pier Luigi Pizzi (8 – 16 marzo). In cartellone ci sono naturalmente Puccini, Rossini e Mozart. Manca invece Verdi, e questa è una notizia – non necessariamente negativa – per un teatro al quale l’autore della Traviata fu sempre molto legato, facendovi debuttare cinque opere fondamentali nel suo catalogo.

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La Fenice di Venezia (Getty Images).

Attesa per il Mefistofele di Boito all’Opera di Roma e alla prima assoluta de L’ultimo viaggio di Sindbad,

Verdi entra di stretta misura nel calendario dell’Opera di Roma, solo con un Otello in scena dall’1 al 12 giugno per la regia di Allex Aguilera della Fura dels Baus. L’inaugurazione del 27 novembre prossimo è affidata a Mefistofele di Arrigo Boito (presenta anche alla Fenice nel prossimo aprile) con la regia di Simon Stone, 39enne australiano già di casa a Salisburgo e a New York, dove ha fatto scalpore con una Lucia di Lammermoor ambientata in tempi moderni nella cosiddetta Rust Belt, l’area un tempo sede della grande industria pesante americana, da tempo in crisi. Sarà un debutto italiano destinato a fare discutere. La regia d’autore caratterizza peraltro tutto il cartellone del Costanzi, spesso con debutti nel nostro Paese. Si tratta di una stagione caratterizzata da autori importanti con titoli cruciali nella modernità come la Salome di Richard Strauss per la regia del grande Barrie Kosky (7 – 16 marzo), la Jen?fa di Janá?ek con regia di Claus Guth, spettacolo vincitore nel 2022 dell’Olivier Award per la migliore produzione operistica (2 – 9 maggio), il Peter Grimes di Benjamin Britten secondo la premiatissima regista inglese Deborah Warner (11 – 19 ottobre ‘24), che vedrà sul podio il direttore musicale dell’Opera di Roma, Michele Mariotti, al debutto in questo titolo. Segnalato che Britten sarà anche il protagonista dell’inaugurazione di stagione al Carlo Felice di Genova, con l’infrequente e sofisticato A Midsummer Night’s Dream da Shakespeare, affidato alla bacchetta di Donato Renzetti e alla regia di Laurence Dale (13 – 19 ottobre), mette conto segnalare che a Roma andrà in scena anche una prima assoluta. Parliamo de L’ultimo viaggio di Sindbad, da un testo di Erri De Luca, che il Costanzi ha commissionato alla 48enne compositrice Silvia Colasanti, in programma dal 16 al 23 ottobre 2024. Una prima assoluta, ma solo per l’Italia, è invece la rarità in cartellone al Regio di Torino fra aprile e maggio: si tratta di The Tender Land dell’americano Aaron Copland (1954), opera con vista sul profondo Sud degli States durante la Grande Depressione, emblematica di quanto il teatro musicale viva (anche) parlando di quello che ci accade intorno.

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