Italiani all’estero, la paura di un’emergenza sottovalutata

Tra i nostri connazionali cresce il timore per la diffusione del contagio. E dal Regno Unito alla Francia, passando per la Spagna, prevale un sentire comune: che il coronavirus sia stato preso sottogamba. Il punto.

Regno Unito, Francia, Spagna, Germania. La sensazione, comune, è terribile: ciò che è accaduto in Italia potrebbe essere solo l’apripista di una larga diffusione del coronavirus su scala europa. Ci sono i numeri a suggerirlo e ad avvalorare l’ipotesi che l’escalation del contagio sia solo questione di settimane, se non addirittura di giorni.

LA PERCEZIONE DEL RISCHIO NON HA ANCORA ATTECCHITO

Ma c’è anche, seppur con minor rilevanza scientifica, la sensazione di chi in quei Paesi ci vive, ma tiene costantemente un orecchio incollato a ciò che accade da noi. È più che diffusa, infatti, tra gli italiani all’estero la percezione che l’avanzata del virus sia stata preso troppo a cuor leggero. Di fronte agli scenari post-apocalittici descritti dalle immagini che raccontano il giorno 1 del nostro lock-out, nessun altro in Europa sembra finora condividere quell’esigenza di cambiare vita e abitudini da noi costantemente ribadita a suon di #restateacasa.

Nel Regno Unito, dove un giornalista di Mediaset, Federico Gatti, sta da giorni documentando il suo auto-isolamento dopo essere sbarcato a Londra nel week-end da Milano senza particolari controlli sul suo stato di salute, la vita scorre ancora regolarmente. Tanti inviti a lavarsi le mani, quelli sì, ma nessuna drastica misura di contenimento sociale è stata per ora presa in considerazione, malgrado il rischio concreto di dover a breve costringere le persone a non uscire di casa al primo accenno di febbre. Nelle ultime 24 ore 64 nuovi casi di contagi hanno portato a un totale di 373 positività.

Eppure, stadi e pub sono pieni come da copione, confermano gli italiani, malgrado l’ipocrita messinscena della Premier League che ha cancellato la canonica stretta di mano pre-partita. Nessun sollecito allo smart working, né tanto meno accorati appelli alla cautela nella propria routine giornaliera da parte del governo di Boris Johnson. Non manca, invece, qualche risolino di scherno se si parla della gestione dell’emergenza da parte dell’Italia.

QUEI RECENTI APPELLI ALLA SOCIALITÀ DI MACRON

Non troppo dissimile sembra essere la situazione in Francia, pur lasciando da parte lo scriteriato e surreale raduno dei Puffi, che ha coinvolto 3.500 individui di per sé problematici. Appena tre giorni fa il presidente Emmanuel Macron e la consorte Brigitte incitavano gli abitanti a riempire le strade parigine, malgrado lo spettro Covid-19 iniziasse ad aggirarsi con fare piuttosto minaccioso dopo aver mietuto le prime vittime. Per il momento, le scuole sono state chiuse soltanto in Alsazia.

La Spagna, dal canto suo, sembra avvicinarsi faticosamente al modello italiano: le scuole sono chiuse a Madrid e, decisione di queste ore, anche le partite della Liga dovranno fare a meno degli spettatori per almeno due settimane. Annullata anche la maratona di Barcellona, che avrebbe richiamato migliaia di persone. Qualsiasi decisione sullo smart working, tuttavia, è deputata alle singole aziende. E di campagne che invitano alla cautela ancora non se ne vuol sentir parlare. A Valencia (nella cui regione i contagiati sono finora 46 sui quasi mille nazionali), dove l’Atalanta scenderà in campo a porte chiuse, nessuno ha preso in considerazione la cancellazione della storica tradizionale festa de Las Fallas. D’altra parte, il ministro della Sanità Salvador Illa ha ribadito che «non c’è bisogno di sospendere manifestazioni pubbliche».

Being an Italian abroad in this period is a very weird experience. Among other things, many of us can predict how the…

Posted by Serena Canu on Monday, March 9, 2020

In Belgio, così come nel Regno Unito, l’unica prevenzione è finora affidata al reiterato monito di lavarsi le mani più volte al giorno. Latitano, casomai, i tamponi. Le istituzioni suggeriscono il telelavoro e la rinuncia a meeting non indispensabili, ma non esiste alcun tipo di obbligo. Sconsigliato pure l’utilizzo dei mezzi pubblici da parte delle persone più vulnerabili. Anche, in questo caso, tuttavia, come in Germania, Danimarca e nel resto d’Europa l’impressione tra gli italiani è che sia stato fatto troppo poco. E, forse, che sia già troppo tardi per evitare di finire tutti, stavolta sì, barricati in casa.

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