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Pandini lascia la Lombardia e Gallera torna alle dirette

Il portavoce di Salvini, inviato a Milano per aggiustare gli incidenti comunicativi di Fontana e dell'assessore al Welfare, è rientrato a Roma. Ma c'è chi è convinto che mancherà molto.

Dopo circa un mese Matteo Pandini, portavoce di Matteo Salvini, molla la presa su Regione Lombardia per tornare a occuparsi del segretario e dei gruppi parlamentari della Lega a Roma.

Era arrivato agli inizi di aprile dopo una serie di incidenti comunicativi che saranno ricordati nella storia politica di una regione devastata dall’emergenza Covid-19. Come non ricordare la celebre immagine del governatore Attilio Fontana che non riesce a mettersi la mascherina. Oppure Giulio Gallera, che durante le sue dirette era capace di dire tutto e il contrario di tutto.

Pandini era arrivato per mettere in ordine le cose. E proprio le dirette erano scomparse dopo il suo arrivo. Ci aveva messo la faccia Salvini. L’ex ministro dell’Interno era entrato dalla porta principale della Regione per invertire una rotta comunicativa che continuava a far perdere punti nei sondaggi alla Lega. Ma adesso Pandini se ne va. Torna a Roma. L’emergenza del resto pian piano inizia a scemare un po’ in tutta Italia. Caso vuole che, pronti via, neanche 24 ore di tempo e si è rifatto vivo proprio l’assessore Gallera, scomparso dopo una raffica di figuracce in diretta. L’esponente di Forza Italia, che si dice punti alla poltrona di sindaco di Milano nel 2021, torna stasera, dopo un mese in esilio. Torna nelle dirette di Lombardia notizie, quelle che ai lombardi non mancavano molto. C’è già chi è convinto che Pandini mancherà molto.

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Ma in Confindustria vige ancora il Protocollo Montante?

Sul sito della confederazione degli Industriali si trova un documento del 2010 relativo alle «iniziative per accrescere i livelli di legalità e di concorrenza leale nello svolgimento dell’attività d’impresa». Ma c'è di più: il loro coordinamento risulta affidato all'imprenditore siciliano coinvolto in vari scandali e tuttora colpito da obbligo di dimora ad Asti.

Quando si dice la tempestività della comunicazione. Se vi capita di entrare nel sito della Confindustria – ma ci vuole una password – a sinistra troverete una serie di voci, tra cui una chiamata “Normativa di sistema”.

Dentro trovate un documento di 10 anni fa dal titolo “Protocollo di legalità 10 maggio 2010” siglato tra il ministero dell’Interno e Confindustria, i cui contenuti sono poi stati rinnovati il 19 giugno 2012. Trascuratezza, direte voi. Certo, perché un sito con in bella vista documenti così vecchi è a dir poco scarsamente o distrattamente manutenuto.

DIECI ANNI DI NULLA DI FATTO

Ma non finisce qui. Perché, vi si legge, «quel Protocollo si inserisce nel contesto delle numerose iniziative promosse da Confindustria per accrescere i livelli di legalità e di concorrenza leale nello svolgimento dell’attività d’impresa». Allora voi penserete: vuol dire che negli ultimi 10 anni su questo terreno la Confindustria non ha più fatto niente. Imperdonabile, ma c’è ancora di peggio. Perché – si legge sempre – «lo sviluppo e il coordinamento di tali iniziative, sia all’interno del Sistema associativo che nei rapporti con le istituzioni pubbliche e con le principali componenti della società civile ed economica impegnate nel contrasto alla criminalità, è stato affidato ad Antonello Montante, sulla base di una specifica delega per la Legalità, istituita nel 2008 con la Presidenza di Emma Marcegaglia e riconfermata nel 2012 dal Presidente Giorgio Squinzi».

Il Protocollo di Legalità sul sito di Confindustria.

IL PROTOCOLLO MONTANTE È ANCORA VALIDO?

Sì, avete letto bene: Montante. Proprio l’imprenditore siciliano, diventato simbolo della lotta alla mafia e salito ai vertici di Confindustria nazionale, che è stato coinvolto in vari scandali e arrestato, e tuttora colpito da obbligo di dimora in quel di Asti. Domanda: ma quel documento è ancora valido? Le modalità per l’adesione al Protocollo e per la realizzazione dei relativi impegni – poi precisate nelle linee guida attuative e negli altri documenti predisposti dalla commissione per la Legalità, istituita presso il ministero dell’Interno e composta dai rappresentanti delle parti firmatarie del Protocollo – sono ancora attuali per cui le imprese oggi possono farvi riferimento? Perché delle due l’una: o sono cose superate, e allora sarebbe bene toglierle di mezzo, o sono ancora pienamente operative, e allora se si vuole rendere minimamente credibile quel Protocollo sarebbe bene togliere di mezzo il nome di Montante, che ha scritto una delle pagine peggiori della storia della confederazione degli industriali. Come si vede, c’è lavoro da fare per il nuovo Presidente

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Con l’emergenza coronavirus per la pubblicità sui media sarà un semestre da incubo

Fcp, la federazione delle concessionarie, stima perdite complessive per oltre 500 milioni. A risentirne maggiormente sarà la carta stampata, con un calo del 25%. Seguono televisione e digitale con un -15%. Ma anche le radio. Drammatico il crollo nei cinema.

I numeri (e le prospettive) sono da incubo. A elaborali Fcp, ovvero la Federazione che raggruppa le 41 concessionarie di pubblicità italiane, che sentiti i suoi associati ha fatto una previsione di quello che potrebbe essere l’andamento del mercato nel primo semestre del 2020.

E se già si intuiva che i riflessi del coronavirus sarebbero stati devastanti, le cifre danno concretezza a quello che sarà un drammatico calo. Con le aziende che taglieranno drasticamente i budget, si calcola che sarà di oltre 500 milioni di euro la perdita complessiva dei ricavi da pubblicità.

PER LA CARTA STAMPATA ATTESO UN -25%

Una perdita che colpirà duramente tutti i settori. In testa la carta stampata, con quotidiani e periodici accreditati di un calo del 25% (era a meno 4,4% il loro andamento a gennaio). Segue la televisione con il 15%, della stessa entità il calo dell’advertising digitale, in crescita a gennaio del 4,9%. Nel dato scomposto fa specie anche il crollo delle radio, settore sin qui considerato trainante e tra i più redditizi. Le previsioni parlano di una perdita di fatturato del 18%. E pensare che lo scorso gennaio l’indice di crescita segnava un più 11,8% rispetto all’analogo periodo del 2019.

DRAMMATICO IL CROLLO NEI CINEMA

Drammatico, ma facilmente prevedibile visto che i decreti del governo ne prevedono la chiusura delle sale, il crollo della pubblicità nei cinema, che una stima prudenziale indica non inferiore al 50%. Insomma, una Caporetto che viene a colpire un settore che già in tempi normali è affetto da profonda crisi, e che ovviamente costringerà gli editori a rendere ancora più severi i piani di ridimensionamento e riduzione dei costi.

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