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Iran, condannato a sei mesi di carcere il regista Saeed Roustayi
Il tribunale di Teheran ha condannato il regista Saeed Roustayi e il produttore Javad Noruzbegi a sei mesi di carcere. L’accusa è di aver «contribuito alla propaganda dell’opposizione contro il sistema islamico» in Iran proiettando al Festival di Cannes 2022 il film Leila e i suoi fratelli senza autorizzazione. Come ha annunciato il quotidiano locale Etemad, il lungometraggio era stato inoltre bandito nel Paese, sparendo da tutte le sale cinematografiche, dopo il rifiuto del regista di correggerlo su richiesta del ministero della Cultura. I due sconteranno però soltanto un ventesimo della pena, dunque appena nove giorni, mentre il resto «sarà sospeso per cinque anni». Durante questo periodo, sarà loro interdetta ogni attività connessa al reato, tra cui interviste e partecipazione ai festival. Dovranno anche seguire un corso di regia per «preservare gli interessi nazionali». Il verdetto potrà essere impugnato entro venti giorni.

Leila e il suoi fratelli, di cosa parla il film di Roustayi e i precedenti in Iran
Vincitore sulla Croisette del premio internazionale dei critici cinematografici, Leila e i suoi fratelli dipinge la vita di una famiglia di Teheran in crisi economica. La protagonista è appunto Leila, una 40enne che per tutta la vita ha accudito i genitori e i quattro fratelli disoccupati. Un giorno escogita un modo per risollevare le sorti della famiglia, piegata dai debiti, ma incontra l’ostacolo del padre Email. Nel cast anche l’attore Navid Mohammadzadeh, che come sottolineò il Teheran Times finì al centro di una forte polemica in Iran per aver baciato la moglie sul red carpet di Cannes. Sbarcato anche nelle sale italiane nell’aprile 2022, il film è disponibile in streaming su Amazon Prime Video.
Il caso di Saeed Roustayi non è però isolato in Iran. Nel luglio 2022, finì dietro le sbarre anche Jafar Panahi, uno dei registi più influenti del Medioriente. Condannato a sei anni per aver indagato sulla detenzione dei colleghi Mohammad Rasoulof e Mostafa Aleahmad, è uscito a febbraio 2023 su cauzione dopo aver iniziato uno sciopero della fame. «Non ho altra scelta che protestare contro questo comportamento disumano con ciò che ho di più caro: la mia vita», aveva scritto Panahi in una lettera dal carcere diffusa dalla moglie.
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