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Alessandro Giuli, il Maxxi intrigo e i rischi del fuoco amico
Ora al Maxxi qualcuno paventa: «Vuoi vedere che alla fine a Sgarbi non succede nulla mentre Giuli è costretto a dimettersi soltanto perché non ha le stesse coperture politiche?». In effetti, le parole pronunciate mercoledì alla Camera dal ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, sono risuonate in maniera sinistra nei luminosi ambienti dell’avveniristico museo progettato dalla grande Zaha Hadid: «Ho chiesto al presidente del Maxxi, Alessandro Giuli, una articolata spiegazione sull’accaduto che spero mi giunga presto». Le intemperanze verbali del sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, durante la serata inaugurale dell’Estate al Maxxi, il 21 giugno, tengono banco ormai da una settimana e sono sbarcate al question time di Montecitorio con ben tre interrogazioni indirizzate a Sangiuliano dalle opposizioni. La nomina del giornalista vicino alla premier Giorgia Meloni alla guida della fondazione museale risale al novembre 2022 e fa capo proprio al “collega”, ex direttore del Tg2. Giuli, che aveva fiutato aria di tempesta, ha detto al Corriere della sera di essere pronto a immolarsi: «Il mio mandato è sempre a disposizione del ministro». E tuttavia una sua uscita di scena sarebbe in qualche modo clamorosa.
Sangiuliano sempre più spesso a Napoli: come mai?
Certo, tornando ai pronostici, Sgarbi è Sgarbi ed è difficile immaginare che a sua volta si dimetta o che Sangiuliano riesca ad allontanarlo. Probabilmente continuerà, adesso in maniera ancor più surreale, la convivenza tra i due al Collegio Romano. Per paradosso, in realtà, gira voce che sarebbe il ministro quello eventualmente tentato dall’ipotesi di lasciare. Sangiuliano infatti passa tre giorni a settimana a Napoli: gli piacerebbe candidarsi come governatore della Campania? Desidera correre alle Europee rimanendo all’ombra del Vesuvio? Di sicuro ci ha rimesso economicamente nel passaggio dalla guida del Tg2 al governo e, prima dell’incidente Sgarbi, si sussurrava che Giuli stesso potesse diventare ministro dei Beni culturali al suo posto. Da qui il cortocircuito di questi giorni: le volgarità e il turpiloquio del sottosegretario hanno cambiato le carte in tavola e non potevano non colpire Giorgia Meloni che, secondo quanto risulta a Lettera43, pur restando silente, avrebbe preteso sia l’iniziale smarcamento di Sangiuliano da Sgarbi sia le plateali scuse erga omnes di Giuli.
Tra i meloniani qualcuno guarda Giuli con diffidenza (o invidia…)
In ogni caso, nel rapporto tra il ministro e il presidente del Maxxi è ovviamente il primo ad avere il coltello dalla parte del manico. La fredda richiesta di una «articolata» giustificazione scritta, rivolta all’ex condirettore del Foglio, tradisce una presa di distanza cui corrisponde, a destra, una corrente carsica di pensiero che non ama affatto l’intellettuale meloniano, anzi autentico cocco della premier, dai modi garbati. Persino dalle parti della “capa-trena” c’è qualcuno che guarda con diffidenza (o invidia?) al vellutato Giuli, sempre accomodante, civilissimo, dialogante, «concavo e mai convesso», parafrasando Silvio Berlusconi. Il volto gentile di questa destra che, Meloni a parte, ha ancora da staccarsi di dosso qualche crosta di machismo post-fascista. Lui invece è perfetto per i salotti tivù più compìti. Sempre facondo, mai avaro di lepidezze. Usa la strategia retorica di chi concede qualcosa all’avversario prima di attaccarlo e poi non prende mai di petto frontalmente l’interlocutore, ma lo soffoca pian piano nelle spire del proprio ragionamento.
Il peggior fuoco nei suoi confronti è stato quello amico
Eppure adesso Giuli, se non nei guai, è comunque sulla graticola. Una fonte che conosce benissimo le cose del Maxxi e chiede l’anonimato rivela: «Il peggior fuoco nei suoi confronti è stato quello amico, basti vedere cosa hanno scritto Libero e il Foglio. Ma non è stato lui a volere Sgarbi su quel palco». E qui sorge un piccolo giallo: al netto del fatto che l’eccentrico sottosegretario ha la delega all’Arte contemporanea, chi lo ha messo accanto a Morgan quella sera? Si è autoinvitato? È possibile derubricare a tal punto la responsabilità di chi guida la fondazione? «Lo sanno tutti che Sgarbi ama il Maxxi, da tempi non sospetti dice di aspirare alla poltrona di presidente. E non c’è un buon rapporto tra lui e Giuli. Sgarbi lo stressa e lo tampina con proposte di mostre, esposizioni, eventi. Cerca di promuovere artisti suoi amici o protégé. E Giuli prende tempo, tampona, argina…», prosegue la fonte.
Chi ha invitato Sgabri all’evento? Le versioni che non tornano
Dunque si potrebbe immaginare il via libera stremato del presidente del Maxxi alla partecipazione alla serata incriminata di uno Sgarbi pressante dopo vari “no” pronunciati su altri dossier. Ma questa versione non collima con le parole del critico ultra-dadaista: «Lì il sottosegretario non c’era, c’era Vittorio Sgarbi che Giuli e Morgan hanno voluto come attore». «Hanno voluto», dice Sgarbi. Frase che peraltro apre un secondo giallo, attinente alla forma (che a livello di istituzioni è sostanza) della partecipazione del vulcanico ferrarese. Perché lui, per difendersi, sostiene appunto di aver preso parte all’evento scevro della veste governativa. Mentre Giuli giustifica la mancata interruzione seduta stante dello “Sgarbi horror show” proprio con l’esigenza di non far saltare un evento che coinvolgeva una figura istituzionale: «Ho calcolato costi e benefici: interromperlo significava rischiare un incidente con un sottosegretario del ministero della Cultura e le conseguenze per il Maxxi sarebbero state potenzialmente peggiori». Chi dei due mente?
Occhio agli agguati nel Maxxi da parte del personale legato a Melandri
In ogni caso, i nemici di Giuli interni all’area politico-culturale della destra hanno di che sguazzare. E qualcuno sibila: «Giuli non può cavarsela così. Anche Morgan non è uno stinco di santo e non ha un passato irreprensibile quando si parla di misoginia e sessismo. Ci si poteva immaginare che quella serata sarebbe finita così». Mentre lo stesso cantautore co-protagonista del fattaccio getta un sasso nello stagno: «Giuli si sta defilando per timore di perdere il posto». Al Maxxi invece, paradossalmente, il nuovo presidente potrebbe finire vittima della sua mitezza, discrezione e del riconosciuto understatement. A differenza della predecessora Giovanna Melandri, infatti, non è arrivato portandosi dietro il codazzo di figure di fiducia da piazzare e non ha occupato subito tutte le caselle chiave. «Lo staff di Melandri è praticamente intatto», dicono dal museo. Ed è proprio dalla prima linea dei collaboratori, ancora vicini alla ex presidente d’area Pd, che potrebbero arrivare i peggiori agguati per Giuli. Mentre il resto del personale sembra abbastanza schierato dalla sua parte, anche perché Melandri, espressione in purezza del veltronismo rampante, non ha lasciato in molti un buon ricordo quanto a sobrietà, rispetto ed educazione: «Giuli finora non ha mai sgarrato, ha pure rifiutato la carta di credito aziendale. È entrato in punta di piedi. Anche perché sa che trova una istituzione in cui la stragrande parte dei dipendenti ha idee politiche diverse. Però è stato da subito aperto al dialogo». Avrà tempo per continuare a coltivarlo questo dialogo? Probabilmente sì, ma il più triviale vaudeville d’inizio estate promette ulteriori sviluppi.