Category Archives: politica

Caso Regeni, la presidenza del Consiglio è parte civile: ripartita l’udienza preliminare

Il processo relativo al caso di Giulio Regeni, sequestrato e ucciso al Cairo nel 2016, è ripartito il 4 dicembre con l’udienza preliminare, grazie allo sblocco della Consulta a fine settembre. Un passo avanti verso la ricerca della verità su quanto accaduto sette anni fa al giovane ricercatore friulano, per la cui morte risultano imputati quattro 007 egiziani. Si tratta di Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, finora mai comparsi davanti al giudice. La novità è che la presidenza del Consiglio dei ministri è stata ammessa come parte civile.

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Caso Regeni, la presidenza del Consiglio è parte civile ripartita l'udienza preliminare
Il volto di Giulio Regeni su un cartellone durante una manifestazione nel 2017 (Getty Images).

Elly Schlein al sit-in per Regeni: «Vicinanza alla famiglia»

Durante l’udienza preliminare, davanti al Palazzo di giustizia si è tenuto un sit-in per Giulio Regeni, organizzato dai gruppi di sostegno ai genitori del ricercatore. Ha partecipato anche Elly Schlein, segretaria del Pd. La leader dem ha dichiarato: «Siamo qui per confermare la piena vicinanza alla famiglia di Giulio. E non solo alla scorta mediatica che questa mattina è qui per seguire quello che speriamo essere finalmente la partenza di un processo che è stato molto atteso e a lungo ostacolato. Ma anche a quel popolo giallo che ha tenuto accesa l’attenzione in questi anni di mobilitazione fin dal febbraio del 2016».

Schlein: «Verità e giustizia per Giulio Regeni»

Elly Schlein ha proseguito: «Siamo qui perché bisogna stare accanto ai familiari di Giulio fino a quando non otterremo la piena verità su chi ha ucciso, su chi ha torturato e su chi sono i mandanti dell’efferato omicidio di un ricercatore italiano, di un ricercatore europeo. Chiediamo verità e giustizia e non ci fermeremo fino a quando non verrà fuori».

Caso Regeni, la presidenza del Consiglio è parte civile ripartita l'udienza preliminare
Paola e Claudio, genitori di Giulio Regeni, al sit-in con Elly Schlein, Gianni Cuperlo e altri tra attivisti e giornalisti (Imagoeconomica).

La svolta di Zonin jr contro il profitto, Fassio imbarcato dalla Treccani e altre chicche

Roma ha perso malamente la gara per l’Expo 2030, una figuraccia a livello mondiale. E anche nelle celebrazioni per Maria Callas la Capitale si sente all’ultimo posto: pure Milano è in pole position con addirittura due mostre, una nelle Gallerie d’Italia con i ritratti dell’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo e l’altra nel Teatro alla Scala con “Fantasmagoria Callas”. E allora, che si fa? L’assessore alla cultura del Comune di Roma andrà a mettere il nome “corridoio Callas” al passaggio storico tra il Teatro dell’Opera e l’Hotel Quirinale. E pensare che nella città eterna esiste una strada intitolata a lei, accanto a via Dolores Ibarruri…

Zonin jr contro il profitto

Finalmente uno che ha le idee chiare, che non vuole prendere i giro i risparmiatori, che si batte per l’etica: «La sola logica del profitto senza limiti, l’irrefrenabile capitalismo dell’utile, non è più, per la collettività, sinonimo di buona imprenditorialità. Alle aziende è chiesto di esprimere responsabilità nel proprio operato e giustificare le proprie scelte». Sono le parole di Domenico Zonin, presidente del gruppo Zonin1821. Che poi è il figlio di Gianni Zonin. Chi l’avrebbe mai detto…

La svolta di Zonin jr contro il profitto, Fassio imbarcato dalla Treccani e altre chicche
Domenico Zonin, figlio dell’ex presidente della BpVi (Imagoeconomica).

D’Alema, Craxi e il Cile

Massimo D’Alema, Stefania Craxi, Giorgio La Malfa, Giorgio Benvenuto e Pierluigi Castagnetti sono solo alcuni dei protagonisti delle due giornate del convegno intitolato “A 50 anni dal golpe cileno del 1973. Società italiana e mondo cattolico”, a Roma presso l’Istituto Luigi Sturzo. Tra i nomi non appare quello dell’ex direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, ma tutti sono certi che non mancherà all’appuntamento: la sua consorte è cilena.

Treccani, arriva Fassio

«Con la cultura non si mangia», la frase che è stata attribuita a Giulio Tremonti scatenando le ire dell’ex ministro dell’Economia che assicura di non averla mai pronunciata, piace alla Treccani. Che recependo il messaggio “imbarca” come nuovo consigliere d’amministrazione dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani un personaggio del valore di Ernesto Fürstenberg Fassio, grazie alla Banca Ifis da lui presieduta che ha sottoscritto una quota del 2,4 per cento dell’istituzione culturale nell’ambito dell’aumento di capitale. Fürstenberg Fassio è stato anche protagonista di “Roma Arte in Nuvola”, all’Eur, ma numerosi amici di lunga data lo ricordano nei panni del dj in tante feste allestite in giro nel mondo, anni fa.

La svolta di Zonin jr contro il profitto, Fassio imbarcato dalla Treccani e altre chicche
Ernesto Fürstenberg Fassio (Imagoeconomica).

Zaia e la galera

«Questo è un Paese dove bisogna mettersi di impegno per finire in galera», ha detto Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, a SkyTg24.

I killer mettili a Verona

Filippo Turetta, l’omicida di Giulia Cecchettin, ha incontrato in carcere a Verona Fra Alberto, il frate cappellano, a cui ha chiesto libri da leggere. Nel penitenziario di Montorio spesso vengono portati coloro che si sono macchiati di gravi delitti di sangue nel Nord-Est: qualche cella più in là si trova Benno Neumair, condannato all’ergastolo anche in appello per aver ucciso i genitori a Bolzano. Comunque, nessuno dei due è veronese. Abitava invece a Terrazzo, a pochi passi dalla città scaligera, Gianfranco Stevanin, serial killer di donne.

Firenze, Schmidt con Salvini e quella tentazione di candidarsi a sindaco

Chi frequenta i social si sarà imbattuto sabato 2 dicembre nella foto di Matteo Salvini e Eike Schmidt Open to meraviglia davanti alla Venere del Botticelli. C’era il raduno delle destre-destre a Firenze e il direttore del Museo degli Uffizi non ha perso l’occasione per farsi vedere accanto al ministro delle Infrastrutture. «O fai il direttore di un museo oppure ti dimetti e fai politica», gli aveva intimato Dario Nardella qualche mese fa, quando cominciarono i rumors sulla sua candidatura a sindaco di Firenze per la destra. «Ci penserò quando scadrà il mio mandato agli Uffizi, a Natale», rispose lui. Natale è alle porte e la foto del direttore col ministro lascia presagire che siamo forse alla vigilia di una decisione.

Schmidt, il comunicatore: dall’operazione Ferragni (organizzata però da Vogue) al restyling delle sale 

Eike Schmidt, dal 2015 alla guida del più importante museo italiano, è uno di quei super direttori che furono scelti da Dario Franceschini dopo la riforma che apriva agli stranieri quei posti prestigiosi. «Schmidt», lo impallinò Nardella, «si vorrebbe candidare lasciando alla città le due gru del cantiere degli Uffizi, i ritardi sul Corridoio Vasariano e un bel giardinetto di quartiere all’uscita del Museo». Perché, diciamolo, Schmidt non è uomo da infrastrutture come il gruista Salvini: è più che altro affascinato dalla comunicazione. Si prese per esempio il merito di aver invitato Chiara Ferragni – Open to meraviglia anche lei davanti alla Venere del Botticelli con relativo selfie da 17 milioni di visualizzazioni – ma si è scoperto dopo che la celebre influencer era agli Uffizi per conto di Vogue Hong Kong. Sempre meglio delle infrastrutture sono poi gli interventi sugli arredi: il decor è più facile e più comunicativo rispetto al rifacimento dell’Uscita dalla Galleria, ideato dall’archistar Arata Isozaki, bocciato dal Consiglio superiore dei Beni Culturali che, con assist tempestivo, ha sollevato Schmidt da una rogna non da poco. Via allora, con l’aiuto dell’architetto Antonio Godoli, al restyling delle sale. Il primo intervento è sul famosissimo Tondo Doni di Michelangelo che, nel nuovo allestimento, è stato inserito in una struttura aggettante che ne riprende la forma circolare. La luccicante cornice bianca del Tondo è stata paragonata a una lavatrice, a un oblò, a un bersaglio da tiro con l’arco, al woofer di una cassa acustica, al logo dei Looney Tunes ed è stata oggetto di altre centinaia di parodie. Il direttore l’ha presa bene e, per via di quella fascinazione per la comunicazione di cui si diceva, aprì con un tweet sull’account ufficiale del Museo una sorta di gara a creare il layout più fantasioso della sala 41: «Invito i nostri follower a proporre creative rivisitazioni», scrisse incauto. Perché «quando un’opera d’arte, soprattutto se un tesoro dei secoli passati, diventa protagonista del dibattito popolare, è sempre cosa buona».

Firenze, Schmidt con Salvini e la tentazione di candidarsi a sindaco
Eike Schmidt, direttore degli Uffizi (Imagoeconomica).

Il profilo TikTok e la deriva giovanilista degli Uffizi

Sarà per questo che gli Uffizi hanno lanciato ora un profilo TikTok demenziale. Increduli, siamo andati a vedere i TikTok del Metropolitan e del Louvre per vedere se anche quelle istituzioni autorevoli si erano lasciate influenzare dalla deriva giovanilista che ha contagiato gli Uffizi. Ma no, è solo @uffizigalleries che ha arruolato tale “principino” Massimiliano Pedone che dice di visitare il museo «da solo, senza plebe», oppure tale Ray Sciutto, in calzoni corti e bandana, per il quale Michelangelo è «uà, proprio bravo questo guagliò», mentre alla povera Venere del Botticelli, assunta a cottimo, fanno dire: «Lo so di essere odiata dagli altri quadri, perché sono la più fotografata di tutta la Galleria». Potevano mancare il metaverso e gli NFT tra i luoghi comuni che sembrano ispirare la comunicazione di questo luogo d’arte non comune? No, naturalmente. Prudenza avrebbe voluto prendersi un attimo di riflessione, invece di inseguire, per paura di restare indietro, la moda del momento che, purtroppo per gli Uffizi, sembra già tramontata, sostituita da altre più aggiornate: «Dall’America si attendeva la notizia arrivata grazie alla tecnologia dell’azienda Cinello», scriveva con lo stesso stile con cui tratta le piccole medie imprese, Il Sole 24 ore del 18 maggio 2021. «Il Tondo Doni è ora in versione digitale ed è un pezzo unico (chissà cos’era prima ndr). Realizzato attraverso un brevetto esclusivo, il DAW (Digital Art Work) l’opera di Michelangelo è la prima al mondo resa unica (sic) grazie a un sistema crittografato brevettato che impedisce la manomissione e la copia e tramite NFT ne certifica la proprietà». Bene, attendiamo il comunicatore Eike Schmidt alla prova, un po’ più difficile, di sindaco di destra della città di Firenze: è, probabilmente, l’ultima chance che gli resta. Doveva andare a dirigere il Kunsthistorisches Museum ma non se ne è fatto nulla: a Vienna, devono essersi impauriti.

La mina impazzita Salvini, il caso Vannacci e la continua destabilizzazione di Meloni

A pranzo l’annuncio messianico dei partecipanti al Festival di Sanremo 2024, nel pomeriggio quello di Roberto Vannacci reintegrato con tanto di promozione checché se ne dica nel club dei generali, a cena la strabordante vittoria dell’Inter sul Napoli. Domenica la cronaca si è messa d’impegno per oscurare Matteo Salvini e il suo raduno sovranista di Firenze. Ma il leader della Lega, lesto come un gatto (nero, il colore che ha scelto di indossare forse per essere più in sintonia con le idee dei suoi ospiti) ha in parte parato il colpo mettendo subito il cappello sulla nomina dell’autore de Il mondo al contrario di cui è toccato al povero Guido Crosetto, ossia colui che all’uscita del libro gli aveva dato dell’eversore, difendere le ragioni.

 

Del resto Giorgia Meloni era in missione in Serbia. Forza Italia alle prese con le sue beghe pre-congressuali, e quindi il Capitano restava assoluto padrone della scena a giocare pesantemente contro la maggioranza che lo vede parte in causa, visto che la sua variopinta compagina di sovranisti raggruppati sotto le insegne di Identità e democrazia si muove su posizioni diametralmente opposte.

Giorgetti in prima fila a Firenze senza fare un plissé: ma come fa?

Come rilevato in più occasioni, l’ultima delle preoccupazioni della premier dev’essere il sorgere alla sua destra di un partito che raggruppi quei camerati e rossobruni che fanno coincidere il suo ingresso a Palazzo Chigi con la clamorosa e sacrilega abiura delle sue idee littorie. Quel partito ce l’ha già in casa, ed è il Carroccio. Come abbiano fatto i suoi esponenti governisti a stare in prima fila a Firenze senza fare un plissé, compreso Giancarlo Giorgetti, è difficile da spiegare. Il titolare del Mef tra l’altro aveva fresca in testa la convinta apologia europeista fatta dal suo mentore Mario Draghi, esattamente il contrario di quanto si è sentito dal palco fiorentino. Un tripudio di finiamola con l’Europa del pluto giudaico massonico Soros, dei banchieri centrali che rovinano la gente, di Von der Leyen e co. che hanno usurpato il posto dove sono seduti, di muri da costruire.

Salvini spinge sulle Europee 2024 a costo di destabilizzare il governo

Bel problema per Meloni, che non può certo cavarsela gettando di continuo acqua sul fuoco delle intemperanze del suo vice. Il quale di qui alle elezioni europee di giugno 2024 caricherà sempre più a testa bassa, convinto che un successo della Lega, quindi suo, valga il rischio di destabilizzare la maggioranza di governo. Prossimo passo, c’è da scommetterci, l’offerta a Vannacci della candidatura a Bruxelles. Nonostante la promozione a capo di stato maggiore del comando delle forze terrestri (non male per uno accusato dal suo ministro di riferimento di aver screditato esercito, difesa e Costituzione) con cui si è provato a scongiurarla.

Salvini: «Tajani non vuole allearsi con Afd e Le Pen? Sbaglia»

«Tajani sbaglia» a dire che «non si alleerà mai con Afd e con Marine Le Pen». Così il leader della Lega, Matteo Salvini, a margine della convention Free Europe organizzata dal gruppo Identità e Democrazia alla Fortezza da Basso di Firenze. «Mi spiacerebbe che qualcuno di centrodestra preferisse la sinistra ad alleati di centrodestra. Io posso dire che chi sceglierà la Lega in Europa sceglie l’alternativa a sinistra. Quindi rinnovo l’invito al centrodestra in Italia a essere unito in Europa, poi non posso imporre niente controvoglia a nessuno», ha aggiunto il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Che poi attacca il commissari Ue Paolo Gentiloni, «che già prepara il rinnovo dell’inciucio popolari-socialisti».

Salvini: «Tajani non vuole allearsi con Afd e Le Pen? Sbaglia». A Firenze la convention Free Europe del gruppo Identità e Democrazia.
La convention Free Europe di Firenze (Getty Images).

«Oggi presentiamo l’Europa dei diritti contro l’Europa dei tagli e dei Soros»

«Oggi presentiamo agli italiani e a tutti gli europei un’idea di Europa diversa. L’Europa dei diritti contro l’Europa dei tagli, dei Soros. La Lega offre questa possibilità agli italiani e agli europei. Se qualcuno preferisce continuare a inciuciare con i socialisti lo faccia. Non posso mica impedirglielo», ha affermato il leader del Carroccio. «Oggi c’è il primo partito di Francia, di Olanda, di Austria, del Belgio, il secondo partito di Germania e un partito di governo italiano. Non siamo un cantiere nero, anzi c’è un’onda blu. I dati ci dicono che oggi siamo la quarta forza politica al Parlamento europeo. L’obiettivo è di arrivare ad essere la terza, ed essere determinanti. Offriamo il nostro contributo», ha aggiunto il vicepremier.

Salvini: «Tajani non vuole allearsi con Afd e Le Pen? Sbaglia». A Firenze la convention Free Europe del gruppo Identità e Democrazia.
Matteo Salvini (Getty Images).

La frecciata alla sinistra: «C’è chi ancora non è riuscito a condannare le stragi di Hamas»

Salvini ha inoltre detto la sua sul conflitto in corso in Medio Oriente lanciando una frecciata alla sinistra: «C’è qualcuno che ancora non è riuscito a condannare le stragi di Hamas. Oggi qui a Firenze, da questo incontro, uscirà una condanna chiara di ogni tipo di estremismo, di fanatismo, di terrorismo e di violenza, e per quello che riguarda me personalmente il pieno sostegno al popolo di Israele che ha diritto di esistere ed è una democrazia solidale, sviluppata, avanzata, per molti punti di vista un modello. Mi stupisce che a sinistra questo diritto di Israele non riesca proprio semanticamente ad articolarlo come un discorso».

È morta Marisa Rodano, ultima deputata della prima legislatura

È morta a 102 anni Marisa Rodano, che era l’ultima parlamentare ancora in vita della prima legislatura repubblicana. Partigiana cattolica, era stata eletta nel 1948 con il Pci e confermata fino al 1968 alla Camera, poi era stata senatrice per quattro anni fino al 1972. Il suo nome da nubile era Maria Lisa Cinciari, ma nell’attività politica scelse di portare il cognome del marito Franco, consigliere del Partito Comunista Italiano e vicinissimo a Enrico Berlinguer. A lei si deve, tra l’altro, la scelta della mimosa come simbolo dell’8 marzo, Festa della Donna.

È morta Marisa Rodano, ultima deputata della prima legislatura. A lei si deve la scelta della mimosa come simbolo dell’8 marzo.
Marisa Rodano ospite a Porta a porta (Imagoeconomica).

Trascorse 24 anni in Parlamento tra Camera e Senato

Nata 21 gennaio 1921, curiosamente nel giorno della fondazione del Partito Comunista Italiano, Marisa Rodano fu arrestata sotto il fascismo per la sua attività nella Resistenza nelle file del Movimento dei Cattolici Comunisti e nell’attività dei Gruppi di difesa della donna. Dopo la liberazione di Roma, contribuì a fondare l’Unione donne italiane, di cui fu dirigente con vari incarichi e poi presidente dal 1956 al 1960. Finita la guerra, nel 1946 si era iscritta al Pci. Due anni dopo era stata eletta in Parlamento nella prima legislatura, trascorrendo poi i successivi 24 anni tra Camera dei deputati e Senato.

È morta Marisa Rodano, ultima deputata della prima legislatura. A lei si deve la scelta della mimosa come simbolo dell’8 marzo.
Marisa Rodano, scomparsa a 102 anni (Imagoeconomica).

Rodano era stata poi europarlamentare dal 1979 al 1989

Dal 1972 al 1979 era stata poi consigliera provinciale di Roma. Successivamente il passaggio all’Europarlamento, dove fu deputata per dieci anni fino al 1989: a Bruxelles Marisa Rodano fece parte della Commissione ad hoc sulla condizione della donna. Con lo scioglimento del Pci entrò nel Pds e poi nei Ds: dopo il congresso di Firenze del 2007, che decise la confluenza nel Partito Democratico, non si iscrisse più ad alcun partito. Nel 2015 era stata insignita del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

Castagnetti: «Serve un federatore delle opposizioni come fu Romano Prodi»

Per fare fronte alle destre in Italia, dopo le elezioni Europee del 2024, al centrosinistra servirà un federatore come Romano Prodi in grado di riunire le opposizioni in una coalizione eterogenea. A sostenerlo è l’ex deputato del Pd Pierluigi Castagnetti: «Servirà favorire una iniziativa federatrice delle opposizioni come avvenne a metà degli Anni 90 con Prodi, la frammentazione era la stessa di oggi. E la frammentazione è causa della sconfitta e bisogna risolverla», ha detto Castagnetti all’assemblea annuale dei Popolari, l’associazioni degli ex Ppi confluiti nella Margherita e nel Pd, tenutasi venerdì 1 dicembre.

Castagnetti: «Pd e M5s si contendono lo 0,1 per cento e ci portano a un brutto esito»

L’urgenza della nascita di questa colazione, secondo Castagnetti, nasce dal fatto che tra Pd e M5s sia «in atto una competizione non destinata a concludersi a breve, senza un contributo esterno che ora non immaginiamo». Queste forze, ha insistito l’ex deputato, «sono in competizione per guadagnare lo 0,1 per cento e poter guidare l’opposizione, ci portano a un brutto esito. E giusto dirlo ora affinché l’esito delle europee non infici questa proposta» di un federatore. «Questo è il senso del convegno di oggi, tirare fuori delle idee per sbloccare la situazione», ha concluso.

Castagnetti: «Serve un federatore delle opposizioni come fu Romano Prodi»
La segretaria del Pd Elly Schlein insieme al leader del M5s Giuseppe Conte (Imagoeconomica).

Schlein: «Mia candidatura alle Europee? Ultima cosa che affronteremo»

E a proposito delle elezioni che si terranno a giugno, in casa Dem è ancora tutto da decidere. La segretaria del Pd Elly Schlein, alla domanda dei cronisti sulla sua possibile candidatura alle Europee, ha risposto: «È l’ultima questione che affronteremo, non abbiamo ancora iniziato a discutere delle liste», ha dichiarato la leader ai giornalisti a Napoli, nel corso di Casa Corriere.

Delmastro, ripartita la causa per diffamazione nei confronti di un magistrato

Andrea Delmastro rischia un nuovo rinvio a giudizio, stavolta per diffamazione. A denunciarlo è stato, a inizio 2023, il procuratore generale della Corte dei Conti di Torino, Quirino Lorelli. La vicenda si è protratta per mesi, tra richieste di archiviazione e fascicoli a rimbalzare tra Roma e Torino. Finché Teresa Angela Camelio, procuratore di Biella, non ha deciso di approfondire e presentare un ricorso in Cassazione contro l’archiviazione preventiva per cui aveva optato il gip. Il ricorso è stato accolto con formula piena, ha spiegato La Stampa, ripercorrendo la notizia. Mentre è stata respinta la richiesta di rigettarlo presentata da Erica Vasta, legale del sottosegretario alla Giustizia Delmastro. Ora il fascicolo tornerà a Biella e poi a Roma, dove sarà la Giunta per le Autorizzazioni a decidere se bloccarlo o se si procederà con una nuova udienza di rinvio a giudizio.

Delmastro aveva attaccato Lorelli in un video

L’episodio per cui Lorelli ha denunciato Delmastro risale al 2021. Il sottosegretario, allora solo esponente di Fratelli d’Italia, lo ha attaccato in video per aver aperto un fascicolo sull’assessore regionale di FdI, Elena Chiorino. Quest’ultima aveva deliberato di acquistare alcuni volumi sulla storia di un martire delle Foibe, da donare poi alle scuole. Ma l’acquisto non ha avuto luogo a causa della pandemia di Covid. Tra le frasi incriminate, come ricorda Open, Delmastro ha definito Lorelli «Capitan Fracassa» e in un post ha scritto che «per la sinistra giudiziaria è vietato ricordare le Foibe». Da qui la denuncia per diffamazione aggravata.

Delmastro, ripartita la causa per diffamazione nei confronti di un magistrato
Elena Chiorino durante un consiglio regionale nel 2021 (Imagoeconomica).

Delmastro alle prese con il caso Cospito

Intanto il sottosegretario ha ribadito che non si dimetterà, nonostante il rinvio a giudizio con l’accusa di rivelazione del segreto d’ufficio. Alla notizia ha risposto: «Resto orgoglioso di quello che ho fatto. Non ho passato alcuna carta. Ho risposto alla domanda di Donzelli, cosa che è mio dovere fare e faccio con qualsiasi parlamentare. Sono orgoglioso di aver fronteggiato l’attacco frontale al 4.1 bis di terroristi e anarchici in combutta con la criminalità organizzata e della mafia». E sulla richiesta di dimissioni da parte delle opposizioni risponde: «Intendo continuare a esercitare il mio ruolo, al meglio, all’interno del ministero della Giustizia».

L’adunata sovranista di Salvini a Firenze tra assenze e identitarismo spinto

Sicché, domenica 3 dicembre, Matteo Salvini riunisce i suoi alleati preferiti a Firenze. Fortezza da Basso, sede prestigiosa, laddove una volta, quando il Partito democratico aveva i quattrini, venivano organizzate le feste dell’Unità nazionali con Walter Veltroni e Massimo D’Alema come ospiti. Gli alleati in questione, per il leader leghista, non sono quelli del governo di cui fa parte come ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture (al quale Francesco Lollobrigida avrebbe potuto dare la colpa, arrivando un paio d’ore in ritardo, anziché fermarsi a Ciampino, e spiegando perché, proprio con questa maggioranza, i treni devono arrivare in orario). No, non è una rimpatriata con Antonio Tajani e Giorgia Meloni per lanciare l’assalto a Firenze in vista delle Amministrative del 2024. Il capo della Lega porta in Toscana la meglio gioventù sovranista, quella che vuole spezzare l’intesa tra popolari e socialisti che governa attualmente l’Unione europea. Un vasto programma, beninteso, per il leader di un partito che cinque anni fa aveva il 34 per cento, e ora non si sa, e tenta di togliersi di dosso i granelli di sabbia del Papeete Beach. Non è la prima riunione, per l’euro-destra, in Italia. Ai tempi in cui la Lega aveva ancora il Nord nel simbolo, era il 2016, Salvini organizzò un’assemblea a Milano dal titolo “Più liberi, più forti!”. Il sottotitolo era di quelli altermondialisti, quasi da no global: “Un’altra Europa è possibile”.

L'adunata sovranista di Salvini a Firenze tra assenze e identitarismo spinto
Matteo Salvini (Imagoeconomica).

Lega ancora più a destra, ma Le Pen e Wilders mancano all’appello

Un tempo qua era tutta campagna No Euro, adesso la Lega di governo non può permetterselo. Dunque si butta ancora più a destra, chiamando a raccolta il Rassemblement National di Marine Le Pen, il Partij voor de Vrijheid di Geert Wilders, fresco vincitore delle elezioni olandesi, e vari altri. I due leader però non ci saranno; la prima, come annunciato dallo stesso Salvini, parteciperà solo in collegamento, mentre in presenza ci sarà Jordan Bardella, classe 1995, presidente del Rassemblement National. Wilders è invece impegnato nelle trattative di governo in Olanda, quindi non potrà scendere in Italia. La stampa progressista ha ironizzato sulle assenze, ma Salvini se lo aspettava. Quando sta per nascere un governo dopo che hai vinto le elezioni ma non sai se riuscirai a formare l’esecutivo dei suoi sogni, non è che ti metti a far campagna elettorale per altri in un Paese che non è il tuo, no?

L'adunata sovranista di Salvini a Firenze tra assenze e identitarismo spinto
Marine Le Pen e Geert Wilders (Getty).

Una partita interna con Fratelli d’Italia su elezioni europee e amministrative

Ma alla Lega va bene così. La riunione di Salvini è una sfida anzitutto interna al destra-centro. Le elezioni europee, con il sistema proporzionale, inevitabilmente produrranno un aumento di identitarismo spinto. E poi c’è anche una dimensione più locale. L’anno prossimo si vota a Firenze e nel 2025 si vota alle elezioni regionali. Fratelli d’Italia in entrambi i casi potrebbe indicare il candidato. Eike Schmidt, direttore degli Uffizi, a Firenze, e Alessandro Tomasi, sindaco di Pistoia, molto apprezzato anche dall’elettorato non di destra, alle Regionali, nel 2025. Salvini evidentemente non vuole farsi cogliere impreparato.

Il Pd invoca la contro-manifestazione in nome dell’antifascismo

Come avvenne a Milano, anche stavolta sono attese delle contro-manifestazioni. Promosse dal Pd nel nome di don Lorenzo Milani e Giorgio La Pira e dai centri sociali nel nome dell’antifascismo. Il sindaco Dario Nardella ha invitato la cittadinanza a «farsi sentire». L’assessora al Welfare e candidata sindaca in pectore Sara Funaro ha attaccato l’incontro con i «rappresentanti di una destra razzista e negazionista. La nostra città, da sempre aperta e inclusiva, non sarà il loro “cantiere nero” che ci riporta indietro nel tempo. Qui non c’è spazio per l’odio e l’intolleranza». A qualcuno tutto questo appello alla piazza deve essere sembrato eccessivo, tant’è che lo stesso Nardella, in tivù, ha precisato: «So che domenica ci sarà una manifestazione promossa dalla rete democratica, mi auguro che sia basata sui contenuti, non ci deve essere nessun atteggiamento di intolleranza e violenza perché si farebbe soltanto il gioco di Salvini e dei suoi amici sovranisti».

L'adunata sovranista di Salvini a Firenze tra assenze e identitarismo spinto
Il sindaco di Firenze Dario Nardella (Imagoeconomica).

Come finirà? Ah, chissà. Ci dice Giovanni Galli, ex portiere della Nazionale di calcio e oggi consigliere regionale della Lega in Toscana: «Ritengo offensivo per Firenze, città universale, aperta, inclusiva, sinceramente globalista per sua stessa natura, che alcuni rappresentanti delle istituzioni cittadine, che citano, disturbandoli tra l’altro, Don Milani e La Pira, abbiano l’ardire di ergersi a generali di un popolo di soldati pronti a dare battaglia contro il nemico nero, cattivo, che al massimo può essere… Calimero! Io, il 3 dicembre, sarò alla manifestazione e ascolterò e confronterò le mie idee con quelle dei rappresentanti europei delle forze politiche di destra: perché come è giusto che ci sia una sinistra è giusto che ci sia anche una destra, con i propri valori e i propri programmi inseriti all’interno di una cornice condivisa, che è ben delimitata e definita nella nostra costituzione. Firenze, non ascoltare i canti delle sirene che ipnotizzano le menti. Sei sempre stata libera e accogliente. Continua a esserlo». Ne riparliamo dopo le elezioni.

Rottura nei Verdi: così da accusatrice di Bonelli Eleonora Evi è diventata l’accusata

Del caso di Eleonora Evi, che se n’è andata dal partito dei Verdi sbattendo la porta, colpiscono due cose: l’accusa di gestione personale e patriarcale rivolta al co-leader Angelo Bonelli: «Non ci sto a fare la marionetta del pinkwashing» con tanto di immagine postata sui social di un Pinocchio che taglia i fili del suo burattinaio (Geppetto? Mangiafuoco, la saccentissima Fata Turchina?). Il fatto che le critiche più feroci le siano arrivate proprio dalle a questo punto ex compagne di partito. Siamo di fronte al caso di una donna che accusa un uomo che viene puntutamente difeso da altre donne. Nessuna solidarietà femminile, anzi. «Ha goduto di due seggi blindati… Colpiscono l’asprezza e l’ostilità ingiustificata delle sue dichiarazioni, finanche la falsità: come si fa a dire che sarebbe stata penalizzata per la sua gravidanza? Questo è diffamatorio».

Le ragioni politiche di un dissidio spesso restano in secondo piano

Insomma, siamo in presenza di due analisi contrapposte ed è oggettivamente difficile scegliere quale sia la più aderente al vero. Spesso rivendicazioni fatte in nome di una giusta causa coprono antipatie e rancori che portano a un ineluttabile deterioramento dei rapporti personali. Cui specularmente obbediscono anche quelle di chi si sente ingiustamente accusato. In alcuni casi, e questo potrebbe essere tra quelli, i confini tra buoni e cattivi tendono a confondersi. Così che magari le vere ragioni di un dissidio, quelle politiche, passano in secondo piano. Nel caso in questione Evi era per rompere il sodalizio con la Sinistra italiana di Nicola Fratoianni in vista delle prossime Europee, gli altri suoi colleghi la pensavano diversamente.

Rottura nei Verdi: così da accusatrice di Bonelli Eleonora Evi è diventata l'accusata
Nicola Fratoianni, Eleonora Evi e Angelo Bonelli (Imagoeconomica).

Almeno questa volta è stata evitata la solita scissione a Sinistra

L’altra considerazione inerisce alla vocazione frazionista che si rivela ancora una volta malattia endemica della Sinistra, che in verità ultimamente – magra consolazione – ha contagiato anche il centro con le tragicomiche liti che hanno ucciso in culla il Terzo polo. Stavolta un’ulteriore scissione dell’atomo pare evitata, visto che la protesta di Evi non ha fatto proseliti e lei andrà a ingrossare la schiera degli indipendenti seduti nei banchi di Montecitorio. Caso chiuso, per ora. E per i Verdi è un bene visto che devono ancora smaltire le scorie della vicenda Soumahoro. Restano, come pietre, le parole. «Deludente constatare che questo valore (la biodiversità) non si riesca ad applicarlo all’interno del partito stesso» dice l’ex pentastellata passata sotto le bandiere della causa ecologista. «Evi, verdina ingrata», ribattono le colleghe, rispolverando un’accusa, quella di ingratitudine, che è la stessa usata dai giornali di destra quando Veronica Lario, stanca di stare col drago che si abbeverava del sangue di giovani vergini, si separò da Silvio Berlusconi.

Sondaggi politici, FdI stabile ma sotto il 30 per cento: male il M5s che perde mezzo punto

Secondo l’ultima Supermedia di Agi/Youtrend, Fratelli d’Italia non riesce a risalire sopra il 30 per cento. I dati dei sondaggi politici mostrano come in una settimana il partito guidato dalla premier Giorgia Meloni sia rimasto stabile a quota 29 per cento, senza guadagnare né perdere sostegno. A crescere, invece, sono stati i due gruppi alleati: la Lega e Forza Italia. Male le opposizioni, soprattutto il Movimento 5 stelle che ha perso mezzo punto. Il Pd di Elly Schlein, invece, cala dello 0,1 per cento.

La Lega cresce più di tutti

A esultare è comunque Matteo Salvini. La Lega è il partito che ha guadagnato di più in sette giorni, con un aumento dello 0,5 per cento. Il Carroccio è ora a quota 9,3, ma sempre distante dal Movimento 5 stelle. Nonostante il calo, i pentastellati sono al 15,7 per cento e quella guidata da Giuseppe Conte si conferma la terza forza nazionale, a livello di singolo partito. Si è interrotta, però, la corsa al Pd, che con un calo dello 0,1 per cento scivola al 19,3, sempre al secondo posto. Bene, intanto, anche Forza Italia. I berlusconiani salgono dello 0,2 e toccano quota 7,4 per cento.

Sondaggi politici, FdI stabile ma sotto il 30 per cento male il M5s che perde mezzo punto
Giuseppe Conte (Imagoeconomica).

Tra i partiti minori bene Azione e Iv

Tra i partiti considerati minori, è Azione quello cresciuto di più. In una settimana Carlo Calenda ha visto aumentare i consensi dello 0,3 per cento ed è salito al 3,9. Italia Viva di Matteo Renzi, invece, ha guadagnato lo 0,1 per cento, salendo a quota 3. Bene anche Verdi e Sinistra italiana, cresciuti dello 0,1 per cento e ora al 3,4.

Wilders non andrà a Firenze all’evento di Salvini

Geert Wilders, vincitore delle elezioni nei Paesi Bassi, non sarà ospite di Matteo Salvini all’evento organizzato domenica 3 dicembre a Firenze dal gruppo Identità e Democrazia al Parlamento Europeo con i partiti alleati alla Lega. Il forfait del politico olandese si aggiunge a quello di Marine Le Pen, che sarà presente soltanto in video-collegamento.

Wilders non andrà a Firenze all’evento di Salvini. Il forfait del vincitore delle elezioni in Olanda si aggiunge a quello di Le Pen.
Matteo Salvini, Harald Vilimsky – segretario del Partito della Libertà Austriaco -, Geert Wilders, Marine Le Pen e Frauke Petry – leader di Alternative für Deutschland (Getty Images).

Wilders ha spiegato di essere impegnato «nella fase esplorativa del nuovo governo»

Wilders, inizialmente dato come ospite certo da Salvini e figura più attesa alla kermesse dei partiti sovranisti europei, non andrà a Firenze perché impegnato «nella fase esplorativa del nuovo governo», ha spiegato lo stesso leader del Pvv, formazione politica di estrema destra alla ricerca di alleati per una (difficile) coalizione di maggioranza. Da parte sua il Carroccio ha commentato auspicando «che l’amico Wilders riesca a formare un governo di centrodestra».

Wilders non andrà a Firenze all’evento di Salvini. Il forfait del vincitore delle elezioni in Olanda si aggiunge a quello di Le Pen.
Geert Wilders (Getty Images).

A Firenze sfileranno due cortei di protesta contro la presenza dell’estrema destra in città

A Firenze domenica 3 dicembre sfileranno due cortei di protesta contro la presenza dell’estrema destra in città e contro l’evento si era già schierato contro il sindaco Dario Nardella: «Firenze è una città aperta, non cacciamo nessuno, neanche Salvini e i suoi amici nazionalisti. È però una città dal punto di vista dei valori, della storia incompatibile con questo linguaggio basato su odio, anti-europeismo, rabbia, paura. Firenze ha una grande tradizione cattolica, è la città di Don Milani, La Pira. È città che ha valori solidi, un tessuto sociale e culturale molto forte. Accoglierà l’evento come città democratica ed europeista», aveva detto il primo cittadino del capoluogo toscano a Omnibus, su La7. Identità e Democrazia è un gruppo politico sovranista di destra ed estrema destra del Parlamento europeo, costituito in seguito alle elezioni europee del 2019 come successore del gruppo fondato nel 2015 Europa delle Nazioni e della Libertà.

Eleonora Evi lascia i Verdi: «Partito patriarcale, non farò la donna marionetta»

Il dibattito sulla cultura patriarcale in Italia si allarga anche agli ambienti interni della politica, provocando un terremoto dentro Europa Verde. La co-portavoce Eleonora Evi ha infatti annunciato di essersi dimessa dal partito, accusandolo di essere vittima di una cultura «paternalista» se non «patriarcale», e di una «deriva autoritaria e autarchica». Dal 2020 Evi era alla guida del partito insieme ad Angelo Bonelli, ma le tensioni tra i due erano in atto da tempo e adesso, dice la deputata, «a fare la donna marionetta non ci sto più».

Evi: «Mi rinfacciavano lo scranno in parlamento quando esprimevo opinioni non allineate»

Nella dura lettera scritta a la Repubblica con la quale la deputata ha annunciato di aver lasciato Europa Verde, Evi accusa implicitamente il collega Bonelli: «Non serve l’ennesimo partito personale e patriarcale». I verdi sono storicamente un partito vicino ai movimenti femministi e a quelli ambientalisti, tanto da essere stata la ragione per la quale Evi nel 2020 decise di lasciare il M5s dopo sette anni per proseguire la sua carriera in Europa Verde, partito con il quale è stata eletta deputata nel 2022 grazie alla coalizione Alleanza verdi sinistra. Una candidatura che Eleonora Evi accusa esserle stata rinfacciata in seguito dal partito: «Quando ho espresso posizioni o visioni non allineate a quelle della dirigenza durante le riunioni della direzione nazionale e pubblicamente, sono stata accusata di ingratitudine nei confronti della “famiglia verde” che mi aveva accolta e offerto uno scranno in parlamento», racconta Evi nella lettera. Una dinamica interna che ha spinto la deputata a ritenere il proprio ruolo nel partito come una «carica di facciata», ed è per questo che non intende «continuare a ricoprire il ruolo di co-portavoce femminile».

Eleonora Evi lascia i Verdi: «Partito patriarcale, non farà la donna marionetta»
Il leader di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni insieme ai leader di Europa Verde Eleonora Evi e Angelo Bonelli (Imagoeconomica).

La rottura Bonelli-Evi era nell’aria da tempo

La frattura nel mondo di Europa Verde è aperta da diversi mesi. Reduce del suo passato nel Movimento 5 stelle, Eleonora Evi  è sempre stata affascinata dall’idea di avvicinare Avs ai pentastellati, scontrandosi però con le resistenze di Angelo Bonelli e Sinistra Italia. Così, forse con l’idea di replicare il modello dei dem, a luglio Evi chiedeva che il partito si aprisse maggiormente all’esterno tramite le primarie aperte. Iniziativa che Bonelli accolse a condizione che fossero svolte prima delle elezioni europee del 2024 e che la partecipazione fosse permessa solo ai tesserati di Ev. Un tema che torna anche nella lettera con cui la deputata ha annunciato le sue dimissioni, dove Evi parla di resistenze del partito riguardanti il «sollecitare la partecipazione attiva, sperimentare forme di presenza sui territori alternative all’adesione fideistica al partito, e che puntassero piuttosto al coinvolgimento di individui e comunità in un percorso di crescita condivisa». Una visione movimentista evidentemente maldigerita dal partito.

Fine mercato tutelato luce e gas, la Lega insiste su proroga. Si tratta con l’Ue

La fine del mercato tutelato su luce e gas, prevista dal Decreto energia approvato martedì 28 novembre dal Consiglio dei ministri, continua a creare tensioni nella maggioranza. Il vicepremier Matteo Salvini insiste sulla necessità di prorogare ancora il regime in cui prezzi e condizioni contrattuali erano definiti da Arera e non dalla concorrenza, e tiene così il punto sul fronte delle bollette: «Conto che con il dialogo si riesca a rimediare a un errore che ci siamo trovati sul tavolo».

Foti, FdI: «Ci vuole un’autorizzazione europea»

«Dovete chiedere al vicepremier Salvini, non a me», ha tagliato corto il ministro degli Esteri azzurro Antonio Tajani ai cronisti che gli hanno chiesto un commento sull’argomento. Più morbido invece Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, che ha chiarito: «Se tecnicamente è possibile oggi fare una proroga di un anno sicuramente il governo la farà. Ma ci vuole un’autorizzazione europea». E secondo ambienti di Palazzo Chigi dei contatti informali con Bruxelles sarebbero in corso. Ma quello su cui si sta lavorando è comunque una norma di transizione graduale tra mercato tutelato e mercato libero. Secondo quanto riferiscono fonti di maggioranza, se non si riuscisse a prorogare di qualche mese le scadenze del 10 gennaio (gas) e del primo aprile (elettricità), si sta studiando la possibilità di dilatare i tempi delle aste per l’assegnazione del servizio a tutele graduali ai clienti domestici. Lo riferisce SkyTg24.

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Matteo Salvini e la segretaria Dem Elly Schlein, all’assemblea Cia degli agricoltori italiani (Imagoeconomica).

Sulla proroga insistono anche le opposizioni

Sul tema anche le opposizioni spingo per una proroga. «Mi pare che altre modifiche al Pnrr le abbiano fatte, ma questa no, noi chiediamo che si discuta con Bruxelles e che si blocchino le aste», ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein. Azione e +Europa ricordando invece che il voto sull’uscita dal mercato tutelato avvenne ai tempi dei governi Conte II e Draghi: «La sinistra non può imputare alla Meloni quello che abbiamo votato noi nel governo Draghi, compresa la Lega. Il tema ora è come andare alla Commissione europea tutti insieme e come trattare», ha dichiarato Carlo Calenda.

Delmastro: «Non mi dimetto, sono orgoglioso di quanto ho fatto»

Il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, rinviato a giudizio per rivelazione del segreto d’ufficio nel caso dell’anarchico Alfredo Cospito, in una intervista al Corriere della Sera ha rivendicato quanto fatto annunciando che non si dimetterà dal suo incarico. Il 31 gennaio, durante la discussione alla Camera sull’istituzione della commissione Antimafia, il deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli ha fatto riferimento alla visita di alcuni parlamentari del Partito democratico a Cospito, in regime di 41 bis, sulla base di documenti teoricamente secretati.

Delmastro: «Non ho passato alcuna carta»

Il sottosegretario non si aspettava il rinvio a giudizio: «Resto orgoglioso di quello che ho fatto. Non ho passato alcuna carta. Ho risposto alla domanda di Donzelli, cosa che è mio dovere fare e faccio con qualsiasi parlamentare. Sono orgoglioso di aver fronteggiato l’attacco frontale al 4.1 bis di terroristi e anarchici in combutta con la criminalità organizzata e della mafia». E sulla richiesta di dimissioni da parte delle opposizioni risponde: «Intendo continuare a esercitare il mio ruolo, al meglio, all’interno del ministero della Giustizia. Così come mi è stato chiesto dai tanti che in questo momento mi stanno testimoniando solidarietà per questo inconsueto rinvio a giudizio. Aspetto con serenità il dibattimento che inizia il 12 marzo per poter dimostrare che non ho compiuto alcun reato», ha detto Delmastro al quotidiano.

Maretta in Corte dei Conti per la nomina del nuovo Procuratore generale

C’è grande maretta alla Corte dei Conti in vista della nomina del nuovo Procuratore generale. Anche perché sono molti i candidati in lizza. Tra i più accreditati a ricoprire l’incarico ci sono Pio Silvestri, procuratore regionale del Lazio, Donata Cabras, sua omologa in Sardegna, Massimo Lasalvia, presidente della Prima Sezione d’appello e consigliere giuridico del ministro della salute Orazio Schillaci. E Mauro Orefice, presidente della sezione per il controllo sulle amministrazioni dello Stato. A scegliere, venerdì 1 dicembre, sarà chiamato il Consiglio di presidenza della Corte, l’organismo formato da quattro togati, quattro laici, guidato da Guido Carlino, presidente della Corte in carica dal 2020, magistrato legatissimo a Sergio Mattarella per antichi trascorsi familiari palermitani. E da Tommaso Miele, presidente aggiunto e protagonista nel 2020 di una polemica con Matteo Renzi per una serie di tweet offensivi (peraltro disconosciuti) che avevano come bersaglio il leader di Italia Viva.

Maretta in Corte dei Conti per la nomina del nuovo Procuratore generale
Pio Silvestri (Imagoeconomica).

Contro Silvestri giocano i suoi rapporti con la vicesindaca di Roma Scozzese

Carlino, contro il parere della maggior parte dei magistrati della Corte, punta tutto su Silvestri, il cui nome però incontra molte resistenze per i suoi rapporti con Silvia Scozzese, vicesindaco e assessore al Bilancio del Comune di Roma, la cui attività Silvestri ha sempre guardato con molta attenzione. In un incontro riservato alcuni consiglieri anziani della Corte hanno fatto notare che la sua nomina corrisponderebbe, per durata, a quella dell’attuale presidente Carlino rendendo di fatto la magistratura contabile ingessata per i prossimi tre anni. E mettendo così definitivamente fuori gioco magistrati autorevoli come Manfredi Selvaggi, capo della struttura di missione di Raffaele Fitto, ministro incaricato dell’attuazione del Pnrr, e Salvatore Pilato, un altro palermitano doc, presidente della Sezione di controllo della Corte dei conti in Sicilia. Ma anche l’altro candidato forte, Lasalvia, è stato oggetto di polemiche riprese dai giornali per alcune iniziative legate a Enasarco, la cassa pensionistica privata dei rappresentanti di commercio, su cui la Corte non ha alcuna giurisdizione.

Maretta in Corte dei Conti per la nomina del nuovo Procuratore generale
Donata Cabras (Imagoeconomica).

Cabras data per favorita anche perché lontana dai giochi romani

Alla fine, tra tutti questi veleni, a spuntarla per la prima volta nella storia della Corte potrebbe essere una Procuratrice generale donna. Donata Cabras, che nell’ambiente della magistratura contabile gode di grande apprezzamento, ha fatto tutta la sua carriera in Sardegna, soprattutto nelle funzioni requirenti, ed è lontana dai giochi romani. Delle concrete possibilità di Cabras ha parlato sicuramente con la premier Giorgia Meloni il consigliere Marco Villani, vicesegretario generale della Presidenza del Consiglio proveniente anche lui dalla Corte, e in stretti rapporti con una sua collega, Erika Guerri, capo di gabinetto del ministro del Turismo Daniela Santanché. Villani e Guerri sono molto legati tra loro e hanno facilitato l’ingresso massiccio di personale della Corte negli uffici di quel ministero, tanto da far irritare Consiglio di Stato e Avvocatura.

In Aula alla Camera il 4 dicembre il salario minimo

Il provvedimento sul salario minimo sarà all’esame dell’Aula della Camera il prossimo 4 dicembre. Lo ha deciso la Conferenza dei capigruppo a Montecitorio. Sempre lunedì e sempre in discussione generale, cominceranno il proprio iter in Aula la legge delega europea e il decreto referendum. Mentre il provvedimento sulle guide turistiche è atteso in Aula per mercoledì 6 dicembre e il voto finale per il giorno dopo, 7 dicembre.

Lollobrigida alla Camera: «Sul treno polemiche pretestuose»

La fermata straordinaria del treno Roma-Napoli su cui viaggiava Francesco Lollobrigida è approdata alla Camera. Il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste si è presentato di fronte ai deputati per un question time durante il quale ha relazionato sulla vicenda. Lollobrigida ha risposto alle critiche: «La mia condotta è ascrivibile al ministero, le polemiche sono pretestuose. Sono certo che, se fossi rimasto comodamente seduto su quel treno, tra quelli che hanno polemizzato per il mio operato in questi giorni, avrei senz’altro trovato qualcuno che avrebbe trovato il modo di accusarmi perché lo Stato non era presente a Caivano».

Lollobrigida: «Nessuna pretesa»

Il ministro Lollobrigida ha proseguito: «Ho ritenuto di chiedere se era possibile effettuare una fermata straordinaria, senza alcuna pretesa di ricevere un trattamento di favore, ma nel pieno rispetto del regolamento delle Ferrovie dello Stato, che ben conosco, avendo svolto l’incarico di assessore regionale ai Trasporti. Aggiungo che, in questo caso, come dichiarato dai responsabili di Ferrovie dello Stato, non v’è stato alcun disagio ulteriore all’utenza, né costo aggiuntivo e che tutti i passeggeri hanno avuto la possibilità di scendere alla stazione di Ciampino. Sono certo di aver fatto il mio dovere: la mia presenza ad un’iniziativa come quella di Caivano rappresentava la vicinanza dello Stato in un territorio martoriato dalla criminalità».

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Il ministro ha citato Don Patriciello

Poi Lollobrigida ha concluso citando Don Patriciello: «Credo che più di quanto possa dire io, valgono le parole del sacerdote simbolo della rinascita di Caivano a dare il senso della mia visita: “È normale che il ministro Lollobrigida abbia fatto di tutto per esserci a Caivano. Va capito, lo aspettavano comandanti dei carabinieri, esponenti della società civile, sottosegretari, ma soprattutto i cittadini. È bello quando lo Stato dimostra di voler essere così presente”». Le opposizioni, però, non sono convinte e il Pd ha chiesto di calendarizzare un’informativa del ministro dei Trasporti Matteo Salvini sul caso.

Bonus psicologo, aumentato di 5 milioni il fondo. Come presentare domanda

Il governo ha riformulato un emendamento al decreto Anticipi con il quale ha incrementato di 5 milioni, nel 2023, il fondo destinato al bonus psicologo, che sale così a 10 milioni complessivi. Un raddoppio rispetto ai fondi previsti finora, ma la metà rispetto all’aumento che era stato chiesto da Forza Italia, che chiedeva 15 milioni per il 2023 e 40 dal 2024. La dotazione iniziale, inoltre, era cinque volte inferiore ai fondi stanziati per l’anno precedente, con i quali era stato soddisfatto meno del 10 per cento delle oltre 360 mila domande presentate all’Inps.

I requisiti per presentare la domanda e accedere al contributo

 

Il 23 novembre è stato firmato anche il decreto attuativo con i requisiti e le modalità di presentazione delle domande per accedere al contributo. La data non è ancora stata fissata ma probabilmente a partire da dicembre si potrà fare richiesta direttamente sul sito dell’Inps cliccando su “Sostegni”, “Sussidi e Indennità”, poi “Bonus psicologo” e “Contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia”. È necessario essere in possesso delle credenziali Spid, Cie e Cns. Per presentare domanda è necessario essere residenti in Italia e non avere un Isee superiore a 50 mila euro. Verrà riconosciuto un bonus di 1500 euro in presenza di un Isee inferiore a 15 mila euro, 1000 euro per gli Isee tra 15 e 30 mila, e 500 euro per gli Isee superiori a 30 mila ma inferiori a 50 mila euro. Una volta riconosciuto il contributo, l’Inps rilascerà al richiedente un codice univoco che dovrà presentare al proprio psicoterapeuta.

Giorgia Meloni prima nella classifica delle personalità più concrete di Politico

La presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni è stata inserita nella classifica delle personalità più influenti pubblicata da Politico, la The class of 2024. Un traguardo importante per la prima donna che siede sulla poltrona più importante di Palazzo Chigi che, entrando più nello specifico, primeggia nella sezione Doers, ovvero quella rivolta ai «leader più fattivi e concreti nella messa in campo delle loro politiche». Viene descritta come un personaggio camaleontico, in grado di muoversi al meglio all’interno delle istituzioni del proprio Paese e in quelle europee, capace di sfidare le aspettative e stupire nella sua politica critica nei confronti della Russia di Putin.

Meloni premiata per il suo attivismo governativo

La testata Politico spiega anche i motivi che hanno portato la presidente del Consiglio italiana a primeggiare su altre figure di spicco della politica europea. Più nel dettaglio, «Meloni si è mossa per attuare riforme costituzionali che aumenterebbero significativamente i poteri del primo ministro». Il riferimento è, in questo, alla riforma del premierato che l’esecutivo a guida Fratelli d’Italia vorrebbe adottare, ma la testata cita anche altri passaggi definiti come significativi del suo primo anno a Palazzo Chigi. Vengono dunque citati il decreto Rave, la lotta all’immigrazione clandestina e i buoni rapporti internazionali ed europei che la premier italiana sarebbe riuscita a creare. Così Politico: «Meloni oggi sembra essere in buoni rapporti con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, lavorando anche a stretto contatto con lei e il primo ministro olandese Mark Rutte per stringere uno sfortunato accordo con la Tunisia cercando di limitare le partenze dei migranti».

Giorgia Meloni a Palazzo Chigi
Giorgia Meloni a Palazzo Chigi (Imagoeconomica).

«Il camaleonte politico per eccellenza»

Come anticipato, Politico ha definito Giorgia Meloni «il camaleonte politico per eccellenza», riferendosi alla posizione intransigente che la stessa ha assunto nei confronti della Russia e della sua invasione dell’Ucraina. La testata sottolinea che la premier italiana ha, fin da subito, colpevolizzato il ruolo del Cremlino di Putin, per poi recarsi a Kiev come segno di solidarietà al popolo ucraino. Sempre in tema di politica estera, viene ricordato che «a maggio, al vertice del G7 in Giappone, Meloni ha piacevolmente sorpreso i funzionari statunitensi per il suo desiderio di costruire un forte rapporto con Biden; due mesi dopo, ha visitato la Casa Bianca, dove ha ricevuto un trattamento da vip». E ancora, «si è mossa per ritirare l’Italia dall’iniziativa cinese Belt and Road» e in vista della presidenza italiana del G7 da gennaio del 2024, «ha portato sollievo su entrambe le sponde dell’Atlantico».

Giorgia Meloni con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky al G7 di Hiroshima
Giorgia Meloni con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky al G7 di Hiroshima (Imagoeconomica).

Le aspettative ribaltate e lo sguardo alle Europee 2024

Politico sottolinea anche come l’ascesa di Giorgia Meloni avesse fatto molto preoccupare i centristi europei, con Bruxelles e Kiev che temevano che l’Italia «si staccasse dal branco e cercasse di ammorbidire il sostegno all’Ucraina e di revocare le sanzioni contro la Russia». Così non è stato, con la presidente italiana che ha ribaltato le aspettative, e questo rilancia la sua figura anche in vista delle Europee 2024. Meloni è infatti la presidente dei Conservatori e Riformisti europei e «non è un segreto che il Partito popolare europeo di centrodestra abbia corteggiato la leader italiana, forse con un occhio a un’alleanza post-elettorale che potrebbe ridisegnare il panorama politico europeo».

Le altre personalità della classifica Does

Dietro Giorgia Meloni, nella classifica Doers di Politico, troviamo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, con al terzo posto il presidente francese Emmanuel Macron. Seguono Andriy Yermak, Recep Tayyip Erdogan, Maroš Šef?ovi?, Marine Le Pen, Christine Lagarde e Keir Starmer.

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